Nei momenti di crisi, ancor più che in quelli di serenità, ci si affida alla spiritualità, al soprannaturale, alla fede, per trovare un conforto, la forza di andare avanti e, molto spesso, per chiedere che ci venga dato ciò che non riusciamo a ottenere da soli.
La storia di Yara Gambirasio, la ragazzina tredicenne scomparsa dal paesino bergamasco di Brembate di Sopra, la sera dello scorso 26 novembre, ogni giorno che passa sembra avvicinarsi sempre più a quello status che necessita per forza di cose l’intercessione di un’entità divina, qualunque essa sia.
E se nelle scorse settimane abbiamo parlato delle veglie virtuali organizzate su Facebook, oggi è la volta delle preghiere recitate dalla comunità buddhista via Zambonate, a Bergamo.
Il Sangha, ovvero il nome con cui si identifica il gruppo di preghiera che si riunisce con cadenza settimanale, si è ritrovato spinto da una motivazione in più: unirsi nel pensiero alle sorti della povera Yara.
Le persone presenti si sono raccolte nella recitazione del “Ricominciare” e nella lettura della “Gatha del Pentimento”, oltre ad aver scelto di praticare in silenzio, per tre minuti, la tecnica della respirazione consapevole.
La volontà dei credenti è stata chiara: «abbracciare la sofferenza di Yara e di tutta la comunità, delle famiglie, dei bambini e degli anziani».
Ci sono certi momenti in cui per pregare non c’è bisogno di essere seguaci di qualche religione, basta soltanto desiderare ardentemente qualcosa o avere paura. E il caso di Yara Gambirasio si addice a entrambe le circostanze.
S. O.