In pieno Rubygate, il premier Silvio Berlusconi cerca di salvare in extremis la situazione giudiziaria riproponendo una moratoria sull’uso di intercettazioni.
È quanto avrebbe affermato durante la riunione dell’ufficio di presidenza del Pdl che si è svolta oggi a Palazzo Grazioli. Secondo alcune fonti, il presidente del Consiglio avrebbe definito “necessario” un decreto che freni l’uso delle intercettazioni da parte della magistratura, soprattutto in relazione alle ultime telefonate e messaggi apparsi sui giornali che vedono coinvolto lo scandalo Ruby. A tal proposito, il Cav si è detto disgustato, “E’ un’indecenza, non c’è nulla di vero”.
Dall’opposizione giungono voci preoccupate, soprattutto dal leader Idv, Antonio Di Pietro, che si rivolge al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Ci appelliamo al presidente della Repubblica affinché, con il senso di responsabilità che lo contraddistingue, possa bloccare per tempo questo ennesimo tentativo di calpestare la costituzione, le istituzioni e il Parlamento”. Di Pietro ha poi paragonato la situazione italiana a quella dell’Egitto, temendone la stessa rivolta: “Anche in Italia cominciano a mancare le condizioni minime di democrazia”.
Il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, si esprime in modo non dissimile: “Rispunta dunque la legge bavaglio, questa volta nella veste di un decreto, che servirebbe a cancellare gli esiti delle indagini e a mettere la sordina agli scandali che lo vedono coinvolto. Berlusconi è allo sbando, vede nemici ovunque e ripropone un intervento sulla normativa delle intercettazioni perché vuole nascondere agli italiani la verità”.
Le ultime intercettazioni pubblicate riguardano una serie si sms che la showgirl Sara Tommasi ha inviato al premier, messaggi che passano, rapidamente, dall’amore all’odio: “Lo sai che ti amo”, scriveva a inizio gennaio, fino a “Spero che crepi tu e tutte le tue tro**”.
Il premier, infine, annuncia l’intenzione di voler intentare una causa allo Stato: “Farò una causa allo Stato visto che non c’è responsabilità dei giudici”.
Carmine Della Pia