“Non sono d’accordo sulla linea, non è un problema di nomine. Fini può decidere la sua classe dirigente, io pensavo però a un partito che funzionasse da stimolo a Berlusocni, non a quello che sta accadendo: accordi a sinistra, un partito cavallo di Troia per una magistratura che combatto da Tangentopoli ad oggi”. Il deputato di Fli, Luca Barbareschi, è tranchant.
Al telefono con il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, l’attore – che ha recentemente acceso polemiche all’interno del suo partito, lasciando presagire un imminente abbandono dello schieramento finiano – si è lasciato andare a uno sfogo senza freni, che ricorda da vicino il plot di una trasmissione televisiva condotta con successo per molti anni: “C’eravamo tanto amati”.
Il fatto che il presidente della Camera appaia maggiormente intenzionato a stringere alleanze con il Pd piuttosto che con i partiti di centrodestra rappresenta per Barbareschi motivo bastevole a giustificare grande preoccupazione: “Alcuni, come me, Viespoli e Urso – ha spiegato – hanno un’altra linea. Se la linea è quella di allinearsi con la sinistra, il partito non farà più parte della mia storia. Si può criticare Berlusconi – ha concesso il deputato di Fli – ma bisogna tener conto anche delle cose buone fatte dal governo di centrodestra, come la riforma Gelmini che tra l’altro abbiamo votato”.
E dell’Assemblea costituente di Fli svoltasi lo scorso fine settimana a Milano e alla quale lo stesso Barbareschi ha preferito non partecipare ha detto: “A Bastia Umbra ricordo 7-8.000 persone, mi sono emozionato. A Milano invece c’è stata una scarsa affluenza e freddezza generale. Anzi – ha sottolineato l’attore – la standing ovation è arrivata sì, ma per Urso. Mi auguro che i leader ascoltino la base e non la prendano in giro”.
“Siamo andarti via in polemica con il ‘partito del predellino’ – ha rincarato il finiano – Volevamo una classe dirigente scelta con più giustizia, ma se avremo il ‘Predellino 2, la vendetta’ non va bene. C’è molta confusione. Quando sul Secolo d’Italia ho letto interventi di Scalfari, Gad Lerner, Travaglio – ha continuato – lì ho capito che non era più il mio partito, qualcuno evidentemente voleva la benedizione culturale della sinistra al caviale”.
Maria Saporito