Le stime di ieri parlavano di 41 morti. Oggi, invece, è Human Rights Watch (Hrw) che, dopo aver interpellato fonti mediche, parla di un bilancio di vittime molto più alto: almeno 84 manifestanti sono stati uccisi durante le manifestazioni nelle principali città del Paese. Soltanto a Bengasi, seconda città della Libia, i morti sono stati 70. Proprio a Bengasi, dove il sito libico Libya al-Youm racconta di un gruppo di fedelissimi di Gheddafi preso d’assalto dai manifestanti e circondati nell’Hotel Ozo. Alcuni sarebbero già riusciti a sfuggire, ma Tripoli ha già inviato in aiuto un corpo speciale di 1.500 uomini guidati da Abdellah al-Senoussi, cognato di Gheddafi.
Una repressione che si è rivelata subito devastante e drammatica, come denuncia il video shock caricato ieri su Youtube, dove si vede l’uccisione a freddo di un manifestante. E’ ancora una volta Hrw a denunciare le atrocità del regime: Joe Stork, vicedirettore di Human Rights per il Medioriente e Africa settentrionale accusa “le forze della sicurezza di Gheddafi” di aver “aperto il fuoco contro i civili (uccisi) a decine solo perchè chiedevano un cambiamento”.
Intanto il regime ha iniziato la lotta anche contro i media: in mattinata l’emittente Al Arabiya ha denunciato la sospensione del collegamento al suo sito internet. Uno strumento, quello della rete, preziosissimo non tanto e non solo per la reperibilità delle informazioni, quanto per la possibilità che offre ai manifestanti di organizzarsi. Anche se ormai la rivolta contro Gheddafi sembra essere lanciata drammaticamente per strada, sotto il fuoco di cecchini e mercenari pagati per sparare a vista.
Una violenza repressiva che, secondo fonti di informazione dell’opposizione, starebbe creando divisioni all’interno delle forze armate libiche: alcuni ufficiali, infatti, avrebbero contestato l’uso della forza per arginare le manifestazioni. Che ancora oggi continuano a propagarsi in altre città del Paese. Come ad Al-Bayda, nella parte orientale della Libia. Al Jazeera parla di una manifestazione in corso, cominciata subito dopo la celebrazione dei funerali delle vittime di ieri (24 secondo fonti locali). Rivolte anche a Beida, dove la stampa di regime ha denunciato l’impiccagione di due poliziotti catturati dai manifestanti.
Cristiano Marti