Una disfatta del dittatore libico Muammar Gheddafi rischia di essere un problema più per le società partecipate dalla Libia, in modo particolare le italiane Unicredit e Juventus, che per quelle che investono nel Paese, come Eni. E’ la riflessione fatta dal Financial Times in merito alle possibili conseguenze finanziarie che l’Italia si troverà ad affrontare con la crisi libica.
Secondo quanto scrive il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, ciò che teme maggiormente l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, “è che i libici siano costretti a vendere”, e “Mediobanca ritiene che la possibilità di un cambiamento nel regime al governo in Libia possa creare una impasse che peserebbe come un macigno sulle azioni di Unicredit”. Lo stesso giornale, dopo aver ricordato che da quasi 40 anni Gheddafi investe in attività italiane, prevede ironicamente per il discusso colonnello “un lavoro sicuro in un fondo speculativo (hedge fund)”.
Ricordiamo che le quote nel gruppo bancario Unicredit (Lia e Banca centrale libica hanno complessivamente il 7,5%) e quelle nel club torinese (Lafico al 7,5%) rappresentano le due principali partecipazioni libiche in Italia.
Unicredit e Juventus non sono, comunque, le uniche società che, una volta destituito Gheddafi, “potrebbero trovarsi di fronte al dilemma più acuto”. L’autorevole quotidiano, infatti, spiega che la Libia possiede anche il 3% di Pearson, ossia la holding che controlla proprio il Financial Times.
Mauro Sedda