Metti una domenica romana in un cinema del centro e un leader politico alle prese con continue defezioni e con una linea partitica da rinsaldare. Avrai ottenuto il presidente della Camera, Gianfranco Fini – presente ieri mattina alla prima Assemblea nazionale dei circoli di Fli – che per rinverdire l’entusiasmo per l’avventura politica appena intrapresa, ha arringato la platea “scomunicando” i tanti transfughi che hanno preferito abbandonare la nave. E non solo.
“Dopo il congresso – ha scandito il leader dei futuristi – non si deve dedicare un solo minuto in più a chi c’era e a chi non c’è più. Il problema non è quanti deputati abbiamo, se uno in più o uno in meno, ma conta soltanto avere le idee. Quel che è avvenuto mi ha fatto pensare al romanzo ‘Il giorno della civetta’ dove si dice che esistono uomini, ominicchi e quaquaraquà“. Una freddura con la quale il presidente della Camera ha tentato forse di congelare i tentennamenti di quanti, in questi ultimi giorni, sono indicati come già in partenza dal suo partito.
Tra questi Adolfo Urso (presente ieri in sala) e Andrea Ronchi, che invece – si affrettano a spiegare dallo staff organizzativo – è assente per motivi familiari. Dunque giustificato. “In Futuro e libertà – ha ripreso l’ex aennino – non c’è alcuna distinzione tra moderati e radicali, tra falchi e colombe perché non c’è alcun progetto che preveda altri tipi di alleanze, ad esempio – ha scandito – con il centrosinistra“. Ed è su questo argomento che il presidente della Camera ha voluto intrattenersi, nel tentativo di spazzare via le critiche di quanti gli rimproverano (anche all’interno di Fli) di aver assunto posizioni concilianti con la coalizione del centrosinistra, storicamente a lui lontana.
“Siamo nel centrodestra” ha rimarcato in più passaggi del suo intervento Gianfranco Fini e del resto lo slogan dell’incontro di ieri, “Il vero centrodestra”, è il refrain che i finiani intonano a ogni piè sospinto per vincere le reticenze dei più intransigenti, di coloro che faticano a riconoscere nelle aperture del leader “il polso duro” che fu del “delfino” di Giorgio Almirante.
“L’essere alternativi all’attuale centrodestra – ha ripreso Fini – non significa non essere alternativi a questa sinistra, che in quest’ultimo periodo non è stata in grado di mettere in campo un’idea che appassioni gli italiani. Prospettare un modello per l’Italia del 2020 è il nostro ambizioso progetto. Creare un dibattito su cui la sinistra italiana – ha rincarato – è indietro quanto Berlusconi: siamo in presenza dello scontro tra due grandi assetti conservatori, nel senso più deteriore del termine”.
Quindi il finale, affidato a un “buon proposito” che il leader ha consegnato a tutti i partecipanti: “Dobbiamo organizzare la presenza politico-culturale di Futuro e libertà – ha detto – senza aver timore qualche volta di essere eretici, ma anche di essere ultraortodossi: tra le cose da evitare c’è anche una questione nella quale forse abbiamo ecceduto, e cioè – ha concluso – di essere sempre fuori dal coro”.
Maria Saporito