Brembate di Sopra – Mentre fa discutere, e sbizzarrire le fantasie investigative di chi segue il caso fin dal 26 novembre scorso, giorno in cui Yara Gambirasio non fece ritorno a casa dopo essere uscita dalla palestra di Brembate di Sopra, la nuova lettera anonima pervenuta al quotidiano L’Eco di Bergamo, in cui un anonimo agente di commercio dichiara di essere stato nel campo di Chignolo d’Isola, dove fu ritrovato lo scorso 26 febbraio il cadavere della ragazzina, proprio nei minuti successivi al rapimento, e di aver notato la presenza di tre giovani tra le sterpaglie, continuano gli interrogatori degli inquirenti che da mesi cercano di districarsi tra la moltitudine delle persone i cui telefonini sono stati collegati alle celle che coprono il percorso compiuto dall’assassino. Secondo il settimanale Panorama un imprenditore, titolare di una ditta che ha sede vicino al luogo della scomparsa, sarebbe stato interrogato per oltre cinque ore dagli inquirenti. L’uomo tuttavia avrebbe chiarito la propria posizione.
Alibi di ferro – A riportare l’attenzione sulle analisi delle utenze telefoniche è stato il settimanale Panorama. La possibilità che l’assassino, o un suo complice, possa trovarsi tra gli oltre quattromila nominativi a cui corrispondono i numeri di telefono acquisiti dagli investigatori sono alte, ma l’impresa rimane quasi improba. Come trovare un ago in un pagliaio. Secondo le rivelazioni fatte dalla rivista, l’imprenditore di Brembate sarebbe sì stato messo sotto torchio per ben cinque ore dalle domande degli inquirenti ma avrebbe comunque sciolto qualsiasi dubbio: l’uomo avrebbe un alibi di ferro e quella sera del 26 novembre scorso percorse il tragitto che da Brembate porta sino a Chignolo, ma per motivi personali che non avrebbero nulla a che vedere con il delitto di Yara.
A più di un mese dal ritrovamento del cadavere, l’inchiesta continua a rimanere sospesa tra una moltitudine di possibilità.
S. O.