Tumore al seno. Un nuovo studio per la cura dei carcinomi alla mammella arriva dai laboratori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Pubblicato su “Clinical Cancer Research” e finanziato dall’Airc, dalla ricerca si apprende che il recettore HER2 – associato a un tipo di carcinoma molto aggressivo, di cui ne governa la crescita – può subire alterazioni dal tumore primitivo alla metastasi, modificandosi sia da negativo a positivo sia viceversa.
La rideterminazione dello status del recettore sulla metastasi diventa perciò esame necessario nella pratica clinica.
Lo studio, condotto su 137 pazienti trattate chirurgicamente per carcinoma mammario, ha dimostrato che il tumore alla mammella subisce modificazioni durante la progressione e individuare la presenza di tali cambiamenti è un grande aiuto perché l’oncologo può praticare terapie più mirate allo stato del tumore.
Lo studio. <<Fino adesso si è sempre pensato che il tumore non cambiasse durante la progressione, almeno per quanto riguarda il recettore HER2 – ha spiegato la dott.ssa Marcella Mottolese dell’Anatomia Patologica IRE. Il nostro studio ha dimostrato il contrario, ed è qui la novità. Abbiamo valutato l’incidenza delle variazioni di HER2 tra tumore primitivo e metastasi in una casistica retrospettiva di 137 pazienti trattate chirurgicamente per carcinoma mammario presso il nostro Istituto e abbiamo evidenziato che l’espressione di HER2 si modifica in circa il 12% delle metastasi. Lavorando in parallelo sul tessuto del tumore primitivo e su quello delle metastasi – continua la dottoressa – lo studio ha messo in luce come questo recettore non compariva nel tumore primitivo e invece era presente nella fase più avanzata della malattia. Abbiamo rilevato che nel 10% dei casi il recettore da negativo può diventare positivo e questo significa che la cellula nell’evento metastatico subisce delle alterazioni tali che il recettore è presente in una maggior quantità. E’ importante a questo punto, nel tumore del seno avanzato, – conclude la dottoressa – rivalutare la presenza del recettore sulle metastasi, avvalendosi di analisi e di centri specializzati>>.
Terapie migliori. <<Non siamo di fronte a una terapia sperimentale – ha spiegato la dottoressa Marcella Mottolese – visto che si tratta di un farmaco biologico, testato già in fase metastatica da almeno 5-6 anni e che ha dato dei buoni risultati soprattutto nella fase audivante. Finora si è rilevato potente solo in un sottogruppo di pazienti, ma i dati dello studio ci indirizzano verso terapie sempre più personalizzate. Si allarga lo spettro di applicazioni del trastuzumab, che potrà essere somministrato sia alle pazienti che devono sottoporsi all’intervento chirurgico, e nelle quali il recettore non è presente – ha concluso la dottoressa – sia nella fase più avanzata della malattia, come già avviene>>.
Daniela Ciranni