La siringa conficcata sul seno sinistro di Melania Rea, la ventinovenne trovata morta sulla Montagna dei Fiori a Ripe di Civitella del Tronto, in provincia di Teramo, sarebbe stata utilizzata dall’assassino solo nel tentativo di confondere le idee, un tentativo di depistaggio mal riuscito.
Pare essere questa la convinzione degli inquirenti che indagano sul giallo attorno alla morte della donna che scomparve il 18 aprile da Colle San Marco, poco dopo esservi giunta in compagnia del marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi, e della figlia Vittoria di appena diciotto mese. Quello che doveva essere un semplice picnic, spalancò le porte dell’orrore alla giovane mamma.
Nonostante ancora manchino movente e indagati, le indagini sembrano poter iniziare a chiarire come siano andate le cose o perlomeno a escludere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità.
Due dna sulla siringa – I primi risultati delle perizie effettuate dagli esperti della Scientifica e dagli uomini del Ris hanno riguardato l’analisi della siringa ritrovata ancora infilzata sul corpo della vittima. Sul cilindro di plastica vi sarebbero due dna diversi, appartenenti a un uomo e una donna ma, a quanto pare, entrambi estranei al delitto. Probabilmente due tossicodipendenti che avevano lasciato per i boschi di Ripe di Civitella la siringa, dopo averla utilizzata. Tuttavia, rimane da ricordare quanto dichiarato nella scorsa puntata di Quarto Grado, il programma di Rete4 condotto da Salvo Sottile, dallo psichiatra Alessandro Meluzzi: “Le caratteristiche della siringa trovata non sono simili a quelle usate dai tossicomani“.
La svastica – Se la presenza della siringa è da considerarsi quasi ufficialmente l’effetto di un tentativo di depistaggio, altrettanta curiosità circonda la natura dei tagli ritrovati sulla coscia di Melania che a quanto pare avrebbero la forma di una svastica. Anche in questo caso una messinscena? O il richiamo al simbolo del nazismo ha un significato all’interno di questo giallo?
S. O.
