Trieste, detenute tentano inseminazione fai da te: caso giunge in Procura

Rimanere incinta per usufruire delle misure carcerarie più morbide riservate a chi, criminale o no, porta in grembo un bambino. Una trovata niente male, solo che il problema sorge quando si è impediti per regolamento a entrare in contatto con esponenti del viril sesso e non ce la si sente di scomodare entità ultraterrene. Ma a Trieste, le detenute – genialità femminile – avrebbero escogitato un modo per far sì che l’impossibile accadesse, o per meglio dire hanno trovato il modo per metterci i mezzi.

Il guanto della vita – La notizia diffusa oggi da numerose agenzie stampa ha suscitato lo stupore di molti: nel carcere Coroneo della città del Friuli Venezia Giulia- uno dei pochi centri di detenzione dove uomini e donne vivono, seppur separati, nello stesso edificio – da un po’ di tempo a questa parte le signore che volevano rimanere gravide chiedevano un aiuto indiretto ai colleghi maschi.
Comunicando tramite le finestre che davano sul cortile, gli uomini facevano pervenire il proprio seme alle donne utilizzando come metodo di trasporto un guanto. Le detenute, poi, avrebbero pensato all’inseminazione fai da te, nella speranza che la gravidanza giungesse se non come dono di dio, almeno come frutto della creatività.
Il metodo però, a quanto pare non ha dato alcun frutto se non quello di consegnare alla notorietà le carcerate. Il direttore del penitenziario, Enrico Sbriglia, non appena è venuto a conoscenza di quanto accaduto, ha scelto di avvertire la Procura di Trieste. Tra i motivi, che hanno spinto Sbriglia a non lasciare scivolare la vicenda nel dimenticatoio, anche la preoccupazione per la salute delle donne che, non conoscendo il passato, ma soprattutto la situazione sanitaria, del proprio partner a distanza, potrebbero rischiare di contrarre gravi malattie: “Nessuna donna è rimasta incinta – ha dichiarato il direttore del carcere –ma l’attenzione degli agenti penitenziari su questo fronte ora è estremamente alta“.

S. O.