Melania Rea potrebbe non essere stata sequestrata la mattina del 18 aprile, così come paventato dagli inquirenti negli scorsi giorni. La donna, trovata morta il 20 aprile a Ripe di Civitella, con decine di coltellate a sfregiarle il corpo, potrebbe essere stata uccisa proprio nel Bosco delle Casermette ma soprattutto potrebbe essere andata di sua spontanea volontà, fidandosi di colui che da lì a poco l’avrebbe travolta con la propria furia omicida o che comunque l’avrebbe accompagnata fino alle porte di un incubo in cui la giovane mamma sarebbe sprofondata. Per sempre.
Problemi di territorialità – L’inchiesta sull’omicidio di Melania potrebbe di nuovo passare dalla Procura di Ascoli a quella di Teramo. I motivi prettamente burocratici, ma che comunque possono avere dei riflessi nella conduzione delle indagini, che da settimane accompagnano il caso sono da addebitare al fatto che non si è ancora riusciti a ricostruire le ore che hanno preceduto l’aggressione. Capire se la vittima si sia spostata volontariamente nella provincia di Teramo, in cui si trova Ripe di Civitella, è fondamentale.
Fino ad oggi l’unico ad aver dato una versione di quanto successo è stato Salvatore Parolisi, il marito di Melania, che ha raccontato di come lui e la moglie si trovassero, all’ora di pranzo del 18 aprile, a Colle San Marco, località boschiva in provincia di Ascoli. Stando alle parole del caporalmaggiore, la donna si allontanò poco dopo le 14,30 dall’area giochi, in cui la coppia si trovava insieme alla piccola figlia Vittoria, per andare in direzione del ristorante ‘Il Cacciatore’ e lì poter usufruire dei servizi igienici.
Sarebbe stata quella, l’ultima volta in cui Salvatore vide la moglie viva. Da quel momento soltanto ricerche infruttuose per due giorni, fino alla macabra scoperta fatta da un anonimo che avvertì i carabinieri circa la presenza di un cadavere nei boschi di Ripe di Civitella, quindici chilometri più a sud rispetto a Colle San Marco.
S. O.
