Sono pochi coloro che hanno sinceramente apprezzato l’opera di Oliviero Rainaldi, artista che si è lasciato ispirare dal neo-beato Giovanni Paolo II per “creare” una statua dal valore estetico discutibile
Si tratta di una statua blasfema oppure esiste un intento benevolo dietro quest’opera che raffigura un papa dal viso rubicondo e dal corpo che sembra volersi offrire come una sorta di nicchia di riparo? La conclusione a cui è giunto Michele Smargiassi sembra essere la più plausibile: la statua di Karol Wojtyla eretta presso la Stazione Termini di Roma è pensata per tutti coloro che hanno voglia di scattare una foto ricordo al suo interno. Un altro specchietto per le allodole, dove per “allodole” si intendono tutti i turisti ansiosi di tornare a casa per poter appendere al muro una foto che li ritrae all’interno della pancia del Beato? La linea di pensiero che segue Michele Smargiassi, che si lamenta ironicamente del fatto che nessuno abbia capito la “funzione” della statua, è, all’incirca, questa.
Con un po’ di fantasia la statua di uno dei papi più amati di sempre potrebbe ricordare la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca, che si trova al centro del Polittico della Misericordia e che è custodita a Sansepolcro. Se si volesse spezzare una lancia a favore di Oliviero Rainaldi e dell’intento che potrebbe esserci dietro la sua opera, poco apprezzata anche dall’ “Osservatore Romano”, si potrebbe ricondurre la volontà concettuale che si trova dietro la sua statua a quella che, probabilmente, spinse Piero della Francesca a dipingere una Madonna dal mantello ampio e accogliente. Paragone ardito? Indubbiamente, ma nemmeno troppo se è di intenti e concetti alla base dell’opera d’arte che si parla.
Martina Cesaretti