Il governatore della Banca centrale d’Israele, Stanley Fischer, potrebbe candidarsi alla successione dell’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn.
La notizia circola da ieri sera negli uffici del Wall Street Journal, dove si sostiene che Fischer, noto economista e autore di diversi celebri manuali di macroeconomia, si considera un candidato di ripiego rispetto a Christine Lagarde, ministro delle Finanze francese e candidato in pole position per la poltrona più alta dell’Fmi, e al governatore della Banca centrale del Messico, Agustin Carstens, candidato a sorpresa ma in linea con la politica di dare più spazio ai Paesi emergenti, ma reputa di avere una possibilità nel caso in cui le votazioni arrivassero a un punto morto.
Una candidatura poco gradita. Fischer nutre di indiscusso rispetto in ogni ambiente bancario e finanziario, ma il suo attuale ruolo di governatore della Banca centrale israeliana lo mette in cattiva luce presso i Paesi arabi e quelli emergenti in generale. Il suo passato al Fmi, inoltre, non ha lasciato ricordi molto graditi. Nel periodo in cui l’illustre economista è stato numero due, il Fondo ha passato il periodo più difficile della sua storia. Lo stesso Fischer ha dovuto far fronte alle tensioni provenienti dalla Thailandia, l’Indonesia, la Corea del Sud e, successivamente, dal Brasile. La sua difesa delle valute asiatiche ancora oggi è considerata controversa, mentre le sue indicazioni fiscali alla Corea del Sud sono ricordate come troppo rigorose. E, come se non bastasse, il prestito concesso nel 2002 all’Argentina ha indispettito i conservatori in materia fiscale, gli stessi che lo avevano in parte difeso per la rigidità delle sue posizioni verso il mondo asiatico proprio in questo campo.
I punti di forza. Ovviamente una candidatura coma quella di Fischer presenterebbe anche diversi punti di forza. Oltre agli stretti legami con i leader palestinesi, incluso il primo ministro, Salam Fayyad, la sua profondità intellettuale, le sue indiscutibili competenze in campo monetario e economico e la lunga esperienza sono apprezzati in modo unanime dalla comunità internazionale. Fischer, inoltre, gode del rispetto e dell’affetto di chiunque abbia lavorato con lui, cosa rara in un ambiente dove il carrierismo e, spesso, il nepotismo hanno avuto un ruolo non di poco conto.
Le candidature. Il Fondo dovrebbe individuare tre candidati entro il prossimo 10 giugno e nominare il successore di Strauss-Kahn, dimessosi da direttore dell’Fmi dopo essere stato accusato di tentato stupro da un tribunale penale di New York, entro la fine del mese. Per essere eletti è sufficiente la maggioranza semplice.
L’Europa esprime il 35% dei voti e la favorita nella corsa alla guida dell’Fmi resta Christine Lagarde. Il messicano Carstens, dal canto suo, spera di aggiudicarsi il sostegno unanime dei Paesi con mercati emergenti.
Gli Stati Uniti, però, con il 17% dei voti, avranno un ruolo chiave nella scelta del prossimo direttore generale e Fischer ha molti contatti nell’amministrazione Obama, tra i quali spicca il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, con cui ha collaborato in occasione della crisi finanziaria asiatica del 1997-98. Ma nel 2000, giusto ricordarlo, gli Usa si sono opposti alla sua candidatura.
Marco Notari