Dopo il successo degli ultimi due anni con le mostre dedicate a Joan Mirò e Pablo Picasso, il Castello Aragonese di Otranto spalanca le sue porte al genio di Salvador Dalì, affermandosi come punto di riferimento importante per l’arte e la cultura internazionale. L’evento, in mostra da oggi e fino al 25 settembre prossimo, inaugura la terza stagione espositiva del forte pugliese, contenitore culturale gestito dalla Società cooperativa Sistema Museo di Perugia e dall’Agenzia di Comunicazione Orione di Maglie, con la direzione artistica dell’architetto Raffaela Zizzari.
Curata da Alice Devecchi, la retrospettiva, dedicata ad uno dei grandi protagonisti del Novecento artistico, accoglie sei sculture originali in bronzo, tra cui una di grandi dimensioni intitolata “Elefante cosmico”, e una selezione di cinquantaquattro incisioni originali tratte dalle serie Il Castello di Otranto, Fiabe giapponesi, Tristano e Isotta e Les amours jaunes. Temi e testi letterari che spaziano nel Surrealismo per testimoniare ancora di più la straordinaria capacità grafica del maestro spagnolo. Opere completamente diverse per registro, tono, epoca ma collegate l’un l’altra dall’incredibile riconoscibilità delle figure allungate di Dalì, delle sue fughe vertiginose di linee, della sua inconfondibile indole provocatoria.
«Le serie grafiche in mostra sono legate a testi molto diversi, per epoca, per registro, oltre che per trama – ha spiegato la curatrice Alice Devecchi – Per ognuna si può intuire quale elemento abbia agganciato l’attenzione di Dalì permettendogli di affrontare con i suoi strumenti figurativi la narrazione per immagini. Le sculture paiono la materializzazione dei personaggi che Dalì dirige nella sua opera gra?ca, attori che si muovono in scena nonostante le loro articolazioni molli, senz’ossa, raccontando ognuna la sua storia più o meno eroica. La vocazione alla teatralità che l’artista ha sempre avuto – ha continuato la Devecchi – nell’arte come nella vita suggerisce in quest’occasione una disposizione delle sue opere plastiche in guisa di interpreti a tre dimensioni di ogni storia raccontata nei fogli incisi».
Valentina De Simone