Visioni dal futuro in Umbria con “Festarch”, il festival internazionale dell’architettura

Dopo due anni di interruzione, ritorna “Festarch Visioni del futuro”, il festival internazionale di architettura nato a Cagliari nel 2007 da un’idea di Stefano Boeri, architetto ed urbanista, direttore del mensile Abitare.
“Anticittà – Fare città nell’epoca della dissipazione urbana” il tema di questa terza edizione inaugurata ieri, con la Lectio Magistralis della giapponese Kazuyo Sejima, Premio Pritzker 2010, sul tema “Architettura e Catastrofi, la ricostruzione e il ruolo dell’architettura nelle situazioni di emergenza”. Per quattro giorni nelle città di Assisi e Perugia si succederanno più di 150 incontri con architet­ti, progettisti, artisti e pensatori della scena internazionale, in dialogo continuo con il mondo dell’impresa, delle professioni e della scuola. Tra gli ospiti alcune star dell’architettura mondiale, come il premio Pritzker Rem Kool­haas, Peter Eisenman, Yona Friedman, Elizabeth Diller, Yvonne Farrell e Shelley McNamara (Grafton Architects) e ancora il colombiano Giancarlo Mazzanti, Fabio Novembri, i 2A+P/Ae Odile Decq. Si parlerà di città diffuse, senza più confini, estese su territori che un tempo erano destinati all’agricoltura e alla natura, grandi agglomerati urbani che rallentano sempre di più le relazioni umane, inibendo progressivamente i rapporti tra quartieri, città, province, periferia e centro.

Tante le novità in serbo quest’anno, a partire dal format originale adottato: ogni autore, architetto, scrittore, artista invitato all’evento racconterà la sua idea su di uno spazio urbano del nostro pianeta. Tokyo, Medellin, New York, Mumbai, Napoli, Pechino: per quattro giorni le due cittadine umbre faranno spazio nelle loro piazze, strade, teatri e diversi punti storici alle metropoli di tutto il mondo, per dimostrare che l’anticittà non è un atteggiamento da combattere ma da promuovere, tramutare, che favorisca l’inclusione anziché l’esclusione.
«L’anticittà – spiega Stefano Boeri che per definire il concetto cardine del festival utilizza una metafora legata alla natura – non è altro dalla città che conosciamo e abitiamo, non è una sua forma cancerogena, ma un fiume carsico che raccoglie in rivoli le energie vitali della vita quotidiana e le spinge verso l’individualismo e la frammentazione».

Valentina De Simone