A chi non è mai capitato di stare seduto su un treno fermo alla stazione, guardare dal finestrino il lento passaggio di un altro convoglio e pensare che a muoversi sia il vagone in cui ci si trova? L’Italia per molti aspetti è sempre stata una locomotiva, una di quelle un po’ vecchie che conservano il fascino romantico dell’essere un po’ fuori dal tempo. Da anni però il nostro Paese non sembra avere nulla in comune con quel “mostro strano che l’uomo dominava con il pensiero e con la mano” cantato da Francesco Guccini, apparendo invece più simile a un affare arrugginito e rumoroso che di anarchico ha solo il modo in cui i suoi macchinisti decidono di dirottarne la direzione, in nome di nessun interesse che non sia il proprio.
Al referendum ha vinto il sì. Le urne hanno detto che più della metà degli italiani, dopo sedici anni, ha preferito le calde aule delle scuole alla fresca acqua di quasi estate. E il giorno dopo il voto, le discussioni sulla valenza politica dei risultati continuano a far discutere liberi servi e oppositori del Governo.
Il Giornale e gli italiani – Dalle nostre parti Vittorio Feltri, ritornato a lavorare per Il Giornale della famiglia Berlusconi, fa un po’ di confusione nel tentare di sedare gli entusiasmi dei vincitori, giudicando gli elettori prima alla stregua di “infinocchiati dai furbacchioni dei palazzi romani” e poi sostenendo – quando c’è da difendere la scelta del Premier di annunciare la propria astensione -che gli italiani non hanno voluto ribellarsi a quell’esempio ma hanno semplicemente scelto di “agire di testa loro“. Il disorientamento, infine, si sintetizza in una frase che, dopo averla letta, si fa fatica a ricondurla a un ben preciso protagonista: “Nel nostro Paese succede spesso: si insiste a raccontare bugie che, alla fine, passano per verità“. A chi ha voluto fare riferimento il buon Feltri?
Un passo indietro – Per comprendere le cose, spesso, c’è bisogno di fare un passo indietro, staccarsi dal contesto, porsi fuori da esso e osservare. Per sapere come stanno le cose da noi, forse, non è una cattiva idea chiedere a chi sta fuori dall’acquario Italia e può dunque essere ascoltata senza per forza essere tacciata di essere di parte.
E se dunque dagli Stati Uniti, paese che a primo acchito non dovrebbe essere un covo di comunisti, il New York Times sostiene che quella di ieri è stata “una bruciante sconfitta politica” che potrebbe portare “all’immediata caduta del governo” considerate anche le sconfitte sofferte dai candidati di Berlusconi nelle elezioni amministrative”, giudicando poi Berlusconi come colui che “un tempo sentiva il polso dell’Italia” ma che oggi sembra aver “perso contatto, non ha più il suo tocco magico“, di avviso simile è l’opinione del Wall Street Journal, altro giornale che di staliniano ha ben poco, secondo cui l’attuale Governo “conserva la maggioranza in parlamento ma vede ormai scendere da mesi il consenso nel Paese”.
Passando ai quotidiani europei, lo spagnolo El Pais considera il momento del presidente del Consiglio molto particolare perché “non solo ha perso il consenso ma dovrà anche difendersi da pesanti accuse giudiziarie“. Rimanendo in Spagna, El Periodico titola “Castigo a Berlusconi” alludendo alla risposta che gli italiani avrebbero voluto dare alle ultime uscite infelici del Premier. In Belgio, invece, il quotidiano Le Soir va giù pesante e ritiene che il verdetto del referendum sia un’ottima notizia non solo per la democrazia in Italia, ma anche per l’intera Europa. La possibilità che la stagione berlusconiana finisca, infine, darebbe spazio a una svolta positiva per l’intero continente.
Simone Olivelli