Ballarò, reazioni del dopo-referendum. Senza dimenticare la crisi

Ballarò, il dopo-referendum – Il popolo ha votato. Il quorum è stato raggiunto e la classe politica ora deve fare i conti con un chiaro e netto messaggio lanciato dai cittadini, per una volta uniti e coesi riguardo importanti scelte che riguardano molto direttamente  il futuro di questo paese. No al nucleare, no all’acqua privata, no al legittimo impedimento. Tre argomenti ognuno importante e diverso, in grado però di unire destra e sinistra in un unico, grande pensiero che l’opposizione cerca di strumentalizzare mentre il governo accetta il più possibile sottovoce. Situazione letta nei giornali e puntualmente presentata nell’ultima (o meglio penultima) puntata di Ballarò, ovviamente incentrata quasi esclusivamente sull’esito di questa chiamata popolare che conclude una stagione ricca di polemiche, scontri e, per fortuna, momenti chiave. Chi invece non passa mai di moda è Silvio Berlusconi, sempre importante e citato grazie anche alle sue ultime dichiarazione/azioni.

Significato del voto – Il rappresentante del PD Massimo D’alema  è chiaro: “Questo referendum è la prova netta del divorzio degli italiani da questo governo. Il premier si dimetta”. Provocazione che il ministro per i rapporti con le regioni Raffaele Fitto attacca immediatamente, mutando questo risultato come una “Vittoria civile lontana dalla lotta politica”. Condivisibile, ma se per caso il quorum non fosse stato raggiunto, le parti si sarebbero perfettamente invertite. Floris però interrompe il dibattito e lancia un lungo servizio dedicato al referendum ironico, intenso ma non esente da errori di montatura. Il messaggio comunque arriva, così come le critiche del direttore Bel Pietro verso questa trasmissione, alla ricerca di forti prese di posizione tanto per surriscaldare gli animi. Ma i giochi sono ormai chiusi e la dura battaglia dei giorni scorsi adesso è solo un lontano ricordo.

Dati e crisi – Rimasto però l’eterna lotta tra chi attacca e difende la figura ed importanza del premier anche se, quando interviene Di Pietro con:“Il berlusconismo è al tramontonon si hanno più le pronte e decise repliche, come se pian piano stia diventando un dato oggettivo e non soggettivo. Sopraggiunge poi il fido Nando Pagnoncelli con statistiche riguardanti l’idea del popolo (sempre stato contrario ai quesiti proposti nel referendum in tempi non sospetti), ad un PD disegnato come il nuovo primo partito e ad un Silvio sì indebolito ma non per questo sconfitto. Roba spiccia che i presenti liquidano con facilità. Tocca all’argomento “crisi economica” chiudere il tutto, tramite un parallelismo tra Italia e Grecia in materia di lavoro, soldi e futuro perfetto per inquietare. Ovviamente il centro-destra smentisce, sottolineando la solidità dello stato e delle sue finanze, anche se l’idea di abbassare le tasse viene subito smantellata perché di soldi in cassa non ce ne sono. Ma non Tremonti che lancia lo slogan “Iniziate a sognare”? Si, ma non vi ha detto di farlo proprio ora.     

Riccardo Cangini