Apre il Centro Documentazione del Festival dei Due Mondi di Spoleto

In occasione del 54esimo Festival dei Due Mondi di Spoleto apre il Centro Documentazione “Gian Carlo Menotti” nella casa del fondatore e ideatore della manifestazione, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita. Un’inaugurazione in pompa magna con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha concesso la medaglia simbolo dell’alto Patronato della Presidenza della  Repubblica Italiana alla nuovissima struttura.
In un continuum temporale tra passato, presente e futuro, il Centro riunisce una grande quantità di materiale documentario relativo alle precedenti e alle future edizioni del festival. Più di diecimila fotografie, trecento video, souvenir e manifesti della kermesse consultabili con un semplice tocco. Per agevolare la consultazione, infatti, l’intero archivio è stato sottoposto dai tecnici incaricati dalla Fondazione Monini ad uno scrupoloso e attento lavoro di recupero, catalogazione e digitalizzazione, per consentire sia ai visitatori occasionali che agli studiosi un affascinante viaggio nel tempo e nelle arti, grazie a sistemi multimediali all’avanguardia.
Tra i documenti di maggior impatto sul pubblico, il pianoforte su cui il Maestro Menotti componeva, illuminato da una luce teatrale, i leggii multimediali attraverso cui è possibile accedere a spartiti, brani e immagini che ripercorrono la vita del compositore, un innovativo e spettacolare libro multimediale che consente di “sfogliare” letteralmente la storia del Festival. E ancora, i video storici provenienti dall’Archivio Cinecittà Luce, le foto del “paparazzo” del Festival, Lionello Fabbri e dei fotografi Mariano e Rosella de Furia, Linda e Piero Gasparri.
«Noi siamo cresciuti col Festival, che ha inciso in maniera determinante sul nostro spirito – hanno dichiarato Maria Flora e Zefferino Monini, terza generazione di una dinastia imprenditoriale con una lunga storia di mecenatismo alle spalle, che ha sostenuto il Festival fin dalla sua nascita -. Temevamo che quella casa, abbandonata da tempo e messa all’asta, potesse andare a chi non la riconoscesse come un simbolo e ne facesse oggetto di speculazione privata».

Valentina De Simone