Con 278 voti favorevoli e 205 contrari ieri la Camera ha detto sì al ddl sul biotestamento. Un provvedimento molto dibattuto, che ha suscitato forti polemiche fuori e dentro il Parlamento. Il testo, che passerà adesso al Senato per il via libera definitivo, prevede maggiori restringimenti sulla possibilità di ricorrere al Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento), che verrà concesso solo ai malati in condizioni di assoluta “assenza di attività cerebrale“. Non solo: i medici potranno non tenere in considerazione la volontà dei pazienti e nessun collegio potrà essere nominato per risolvere eventuali controversie con il fiduciario scelto dal paziente stesso.
La vittoria dei cattolici – Il fronte cattolico ha avuto la meglio. Nella votazione di ieri pomeriggio alla Camera sul ddl riguardante il biotestamento, a spuntarla è stata la maggioranza, che – con il significativo contributo dell’Udc di Casini e di parte del Pd (che si è astenuto) – ha centrato l’agognato obiettivo. Il testo, approvato con 278 voti (contro 205) ha in sostanza posto dei paletti alla possibilità del paziente di ricorrere al cosiddetto Dat. Soltanto i malati considerati in condizioni di completa assenza dell’attività cerebrale potranno, infatti, “beneficiare” della dichiarazione e decidere, dunque, sul loro fine vita.
Più poteri al medico – Gli emendamenti presentati ieri alla Camera hanno, inoltre, potenziato le responsabilità del medico, che in svariate circostanze potrà non tenere in considerazione la volontà espressa dal paziente in cura. E nel caso in cui dovessero verificarsi delle controversie tra il medico stesso e il fiduciario nominato dal paziente, nessun collegio medico potrà intervenire ad appianare le divergenze. Il disegno di legge approvato ieri è stato salutato con viva soddisfazione da molti membri della maggioranza, mentre dalle fila dell’opposizione (e non solo) sono giunte bocciature tranchant.
L’entusiasmo della maggioranza – “Questa legge – ha detto il ministro Maurizio Sacconi – rappresenta la riaffermazione del primato del Parlamento rispetto ai provvedimenti creativi dell’ordine giudiziario”. “E’ una buona legge – ha commentato Paola Binetti – ma poteva anche essere migliore se ci fosse stato un clima collaborativo più ampio ed esplicito, senza troppi anatemi”. Osservazione ripresa dal senatore del Pdl, Raffaele Calabrò: E’ evidente – ha osservato – che i numeri non danno ragione a chi licenzia la legge come un’imposizione di una minoranza clericale, di una maggioranza illiberale distante dalla società civile. Resiste quel nocciolo di valori, che sono quelli della tutela della vita, del no all’eutanasia e all’accanimento terapeutico, di cui il Pdl – ha continuato Calabrò – si è fatto fermo paladino, e intorno al quale si riconosce la maggioranza degli italiani”.
La bocciatura dell’opposizione – Di segno opposto la dichiarazione della democratica Livia Turco: “La legge della destra sul fine vita – ha scandito – è arcigna, autoritaria e proibizionista. Nel dibattito oggi alla Camera la maggioranza ha gettato la maschera ed è chiaro a tutti che siamo davanti a un imbroglio per i cittadini e i medici. Il ddl colpisce l’alleanza terapeutica medico-paziente e vieta, di fatto, il testamento biologico”. Altrettanto netta la bocciatura del leader di Sel, Nichi Vendola: “L’obbligo di soffrire per legge non è umano e non è dignitoso – ha detto – E’ una legge che sottrae agli italiani la libertà di decidere sulla propria vita, che chiede ai medici non di curare, ma di costringere alle cure. E’ una legge violenta – ha rincarato il governatore della Puglia – che invade un terreno dove lo Stato deve rispettare, non imporre”.
Englaro: Legge incostituzionale – Sul piede di guerra anche il deputato del Pd, Ignazio Marino: “Se il ddl sul biotestamento che sarà approvato oggi (ieri per chi legge, ndr) alla Camera sarà licenziato in via definitiva – ha premesso – partirà una raccolta firme per arrivare a un referendum che abroghi una legge inaccettabile”. Duro, infine, anche il giudizio di Beppino Englaro, padre della ragazza che ha suscitato l’accesissimo dibattito sul fine vita in Italia: “Si tratta di una legge incostituzionale – ha tagliato corto – L’autodeterminazione terapeutica non può incontrare un limite anche se ne consegue la morte, che non ha niente a che vedere con l’eutanasia. Nessuno, nè lo Stato nè un medico – ha concluso Englaro – può disporre della salute di un cittadino”.
Maria Saporito