Amy Winehouse: da reietta a pastorella la fiera dell’ipocrisia

Ipocrisia morte Amy Winehouse: la solerzia con la quale si sta tentando di trasformare Amy Winehouse in una Vestale sta trascendendo in una grottesca fiera del pessimo gusto; Lady Gaga che surfa sul decesso della collega approfittandone per rilasciare dichiarazioni totalmente prive di contenuti, giovani ex-tossici redenti che sbucano dal nulla per svelare l’opera salvifica che la cantante londinese avrebbe profuso al fine di condurli verso un Eden lontano da droghe e alcol. Il padre della Winehouse che rilascia dichiarazioni a ritmo di un’agenzia stampa entro le quali sottolinea che Amy se n’è andata felice: era infatti da tre anni che aveva vinto la propria battaglia contro la droga, asserisce l’uomo che finge di scordare la “spesa” fatta dalla figlia presso uno spacciatore di Cadmen nemmeno ventiquattro ore prima del tragico tracollo.

L’onestà della madre: ne esce bene, dignitosamente e rispettabilmente, la madre della star che con disperata onestà ha ammesso fin da subito che, in considerazione della strada imboccata dalla figlia, un tangenziale dritta spedita il cui unico capolinea non poteva essere altro che la morte, era solo una questione di tempo. Amy che annulla un tour perché troppo ubriaca o fatta, questo non lo sappiamo, per cantare uno straccio di canzone dall’inizio alla fine, incespicando sul palco, grattandosi le braccia con sguardo vitreo mentre la band e i coristi cercano di mettere una toppa al cospetto dell’irrimediabile. Amy fischiata dai fan, talmente malridotta, con i sensi talmente ovattati, da non percepire lo spregio del proprio pubblico che voleva sentirla cantare.

Pastorella nel presepe: immancabile ciliegina sulla torta è la creazione del maestro presepaio Marco Ferrigno il quale ha provveduto a elaborare una versione della Winehouse pastorella adoratrice del bambinello; sono piovute richieste copiose da ogni parte del mondo. E la verità che questo è davvero il minore dei mali, una piccola provocazione innocua se paragonata all’opera di beatificazione messa in atto da parenti e colleghi senza un briciolo di rispetto per la vera natura, pura o spinosa che fosse, della ventisettenne cantante dalla voce seducente e dalla vita bruciata e consumata. Questo era lei, tutta lei, e il tentativo di coprire l’abisso della diva con un’opaca mano di bianco ipocrita, se decidiamo di essere onesti e non aulicamente politicamente corretti almeno davanti alla morte, l’avrebbe letteralmente fatta vomitare. Questo è.

Valeria Panzeri