Libia: morte di Younis, sospetti fra i ribelli

E’ giallo sulla morte di Abdel Fatah Younis (foto), capo di Stato maggiore dei ribelli ed ex ministro dell’Interno di Gheddafi, ucciso ieri. Dubbi e sospetti si stanno diffondendo soprattutto per le voci che, appena qualche ora prima dell’uccisione del militare, parlavano di un suo possibile arresto per tradimento. Sulla tragedia il Consiglio nazionale di transizione ha riferito che lo stesso Younis sarebbe stato ucciso da un commando armato appena arrivato a Bengasi, dopo che il militare aveva abbandonato il fronte di Brega per riferire della situazione dei combattimenti.
Diverse ed opposte le ipotesi in circolazione. Mentre un anonimo fra i ribelli ha subito dichiarato che “l’intervento di Gheddafi è molto chiaro in questo affare”, si ipotizza anche che Younis sia stato ucciso dagli stessi ribelli, perchè sospettato di tradimento. Mustafa Abdel Jalil, presidente del Cnt, oltre all’annuncio della morte del capo di Stato maggiore, non ha fornito alcuna indicazione sulle circostanze del decesso. Non è dato sapere dove Younis abbia materialmente subito l’agguato. L’unica informazione resa nota da Jalil è che l’uomo a capo del commando sarebbe stato catturato.
In ogni caso qualcuno interpreta il fatto come un segno di debolezza dei ribelli libici, rafforzando l’ipotesi di un regolamento interno di conti. Se così non fosse, l’uccisione del militare sarebbe comunque un segnale su quanta forza abbia ancora Gheddafi sul campo di battaglia.
Resta la morte di una figura che sin dall’inizio della guerra da molti era considerata oscura e controversa. Younis, infatti, era da tempo sospettato di continuare a collaborare segretamente con il Colonnello. Fu proprio al fianco del Raìs, che nel 1969 Abdel Fatah partecipò al colpo di Stato. Una delle accuse più note era che la terza settimana di febbraio avesse lasciato fuggire a Tripoli i massimi dirigenti della repressione contro la rivoluzione prima di passare decisamente dalla parte dei ribelli. Sotto accusa era anche la sua incapacità di coordinamento con la Nato, tanto da aver causato numerose vittime fra i militari di Bengasi a causa di “fuoco amico”.

Cristiano Marti