Continuano le indagini sul caso Rea e, di pari passo ad esse, proseguono anche i tentativi da parte dei legali di Salvatore Parolisi di imbastire una difesa adeguata con l’obiettivo di dimostrare la totale estraneità ai fatti del proprio assistito.
Nonostante due Procure, quella di Ascoli Piceno prima e quella di Teramo dopo, sembrano non aver avuto dubbi nel vedere nel caporalmaggiore del 235° Reggimento Piceno il probabilissimo responsabile di quanto accaduto a Ripe di Civitella il 18 aprile scorso, giorno in cui veniva uccisa barbaramente la ventinovenne Melania Rea, ancora oggi è innegabile l’assenza di prove regina che possano dimostrare la colpevolezza di Parolisi.
Anzi, negli ultimi giorni due nuovi elementi hanno rifocillato gli animi di coloro che credono all’innocenza dell’istruttore della caserma ‘Clementi’: prima è giunta la foto fatta a Colle San Marco – la località ascolana da cui, a detta di Parolisi, sarebbe sparita Melania – in cui si intravede, seppur in lontananza, un’automobile che ricorda quella dell’indagato, e poi la notizia del ritrovamento addosso al cadavere di tracce di capelli femminili.
A tal proposito, gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, si chiedono come sia stato possibile che “prima di arrestare Parolisi questa fondamentale traccia non sia stata analizzata ed esaminata con l’urgenza del caso, tenuto conto anche del dna femminile ritrovato sotto l’unghia di Melania. Questa evidente lacuna evidenzia un ulteriore macroscopico buco in un’indagine a senso unico sempre più fragile, sempre più ricca di palesi contraddizioni e di tanti, tantissimi dubbi”.
Le ammiratrici – Prendendo spunto dal diario pubblicato per Oggi da Michele Rea, il fratello di Melania, ieri abbiamo fatto notare, qualora ce ne fosse stato ancora il bisogno, come le storie di cronaca nera al tempo dei reality siano capaci di trasformare i personaggi principali e secondari di un giallo in veri e propri attanti alla maniera in cui li intendeva il linguista e semiologo lituano A. J. Greimas. Le persone vicine alla vittima di ogni omicidio che raggiunge lo status di ‘caso mediatico’, oltre all’inevitabile dolore per la perdita del proprio caro, devono fare i conti con una popolarità inaspettata: la seduzione dei giornali e delle tv ha l’obiettivo di catturare un pezzetto di disperazione, trasformarlo in feticcio per poi darlo al pubblico che, a livello quasi di subconscio collettivo, non può fare a meno di riflettere le proprie singole esistenze all’interno della trama di un racconto che possiederà comunque la patente di realtà.
All’interno della stessa cornice interpretativa sono da inserire, dunque, le lettere che Salvatore Parolisi starebbe ricevendo in carcere: il presunto uxoricida sarebbe al centro dei pensieri di numerose ammiratrici che non esitano a dichiaragli amore.
S. O.