Il cervello umano raggiunse il suo limite 50.000 anni fa

Cervello umano, il suo limite 50.000 anni fa. Il neurobiologo di Cambridge, Simon Laughlin ha recentemente sostenuto il raggiunto limite del cervello umano. In sostanza, non potremo mai essere più intelligenti di così, restando invariate le nostre caratteristiche fisiche. Il motivo sta nella grande quantità di energia utilizzata dal cervello, almeno “uguale a quella del cuore” sostiene il luminare inglese. Quella di Laughlin non è però la prima teorizzazione inerente al fatto che il cervello non possa più crescere. In realtà, qualcuno ha già sostenuto che il limite massimo dello sviluppo cerebrale sia già stato raggiunto, ben 50.000 anni fa.

L’elogio dell’imbecille.  Questo il titolo di un dissacrante quanto geniale libro, scritto dal giornalista Pino Aprile.  In un paragrafo intitolato “sono sempre i migliori che se ne vanno”, viene riportata la teoria dello studioso di preistoria Desmond Collins, inserendo una rigorosa ricerca scientifica in un contesto molto sarcastico. Il libro sostiene, in un certo senso (non così facile da capire), l’importanza dell’imbecillità all’interno della vita umana, intesa nel suo senso social-evolutivo. Secondo gli studi di Collins, il cervello umano avrebbe raggiunto il suo limite massimo con l’uomo di Neanderthal, appunto circa 50.000 anni fa. Il nostro antenato avrebbe goduto di una quantità di materia grigia pari a 1700 cm cubici.

Più  stupidi per sopravvivere. La sua “super-intelligenza” avrebbe però rischiato di portarlo all’estinzione. Secondo Collins,  le grandi dimensioni del cranio generavano un’altissima mortalità al momento del parto, causata dall’impossibilità del bambino di uscire dal ventre della madre, provocando inoltre, anche la morte anche di quest’ultima. In definitiva solo quelli col cervello più piccolo poterono sopravvivere, “i più cretini della specie”, scrive provocatoriamente Pino Aprile. Da quel momento in poi, una volta raggiunto un certo livello di stabilità, il quale permetterebbe la nostra sopravvivenza, l’intelligenza umana, tenderebbe appunto a rimanere costante, oppure anche a decrescere. Insomma, la forma vivente più intelligente mai esistita sulla terra,  corrisponderebbe all’uomo di Neanderthal.

A.S.