Via Poma, ventuno anni fa veniva uccisa Simonetta Cesaroni

Nonostante la cronaca nera attuale non manchi di spunti e storie a cui non mancano soltanto i finali ma anche diverse parti fondamentali per comprenderne a pieno le trame – si pensi al giallo di Ripe di Civitella, all’omicidio di Yara Gambirasio o a quello della quindicenne di Avetrana Sarah Scazzi -, la giornata di oggi è segnata da un ricordo lontano ventun’anni, ovvero il tempo che è passato dal giorno in cui a Roma, in uno stabile sito in via Carlo Poma n° 2, veniva uccisa Simonetta Cesaroni in circostanze tuttora non chiare, se non addirittura misteriose.

Errori e piste – Simonetta doveva ancora compiere ventuno anni e lavorava come segretaria contabile presso la Reli Sas, uno studio commerciale romano; mansione che svolgeva anche per l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (A.I.A.G). Si trovava proprio negli uffici di quest’ultima quando, a metà pomeriggio del 7 agosto 1990, venne aggredita brutalmente da un uomo che la uccise e poi infierì sulla vittima infliggendole decine di coltellate, localizzate in diverse zone del corpo.
Quando a serata inoltrata i familiari di Simonetta – la sorella nello specifico, accompagnata dal fidanzato, da uno dei due gestori della Reli Sas e dal figlio di quest’ultimo – scoprono la morte della giovane, si trovano davanti una scena del crimine inquietante: un mix tra furia omicida e tentativo di ricomporre i pezzi di un qualcosa che evidentemente è sfuggito di mano a colui che si è reso protagonista dell’omicidio.
Tentare di riassumere l’evolversi delle indagini, più volte riprese, nel corso di questi due decenni sarebbe un obiettivo difficile da raggiungere se non rischiando di saltare dettagli e particolari che potranno essere più facilmente e sinteticamente inquadrati visitando la pagina di Wikipedia dedicata al caso.
Il giallo di via Poma, per cui al momento è stato condannato in primo grado a ventiquattro anni di carcere il fidanzato di Simonetta, Raniero Brusco, è una storia piena di errori e ombre. E’ anche la storia di Pietrino Vanacore, l’ex portiere dello stabile in cui avvenne l’omicidio e per anni sospettato numero uno. Nonostante la sua estraneità alla vicenda fosse oramai chiara a quasi tutti, Vanacore si è suicidato il 9 marzo 2010, lasciando questo come ultimo messaggio: “Venti anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio“.

S. O.