Italia, Governo a caccia di 17 miliardi. Di nuovo le pensioni di anzianità nel mirino

L’anticipo della manovra richiesto a più voci in chiave internazionale ha azionato la caccia ai 17 miliardi di euro necessari per anticipare il pareggio del bilancio già entro la fine del 2013.
L’ipotesi di nuovi interventi sulle pensioni si è fatta così nuovamente insistente, anche perché in alternativa occorrerebbe attaccare ulteriormente le agevolazioni fiscali e la spesa sociale, due serbatoi di spesa di per sé già falcidiati dalla manovra finanziaria estiva.
Di ufficiale, ad oggi, non c’è nulla e nemmeno se n’è parlato nell’incontro tra le parti sociali dello scorso fine settimana, ma da fonti vicine all’Esecutivo si apprende che al vaglio ci sarebbe un intervento che coinvolgerebbe tre fronti della previdenza: l’età pensionabile delle donne nel settore privato, le pensioni di reversibilità e, quelle più ‘appetibili’ per un intervento mirante al taglio della spesa, le pensioni di anzianità.

Le cifre e lo scenario.  Di ufficiale, come anticipato, non c’è nulla e nemmeno c’è da meravigliarsene: se durante l’incontro con le parti sociali si è tentato di accelerare sulla riduzione di spese assistenziali legate ai contratti di lavoro nazionali, aggiungere fin da subito la spinosa questione previdenziale sarebbe stato davvero deleterio.
Ma resta fermo che la discussione su una drastica riforma previdenziale tra analisti del settore e tecnici del Governo è già iniziata da un bel po’e le stime sulle cifre circolano ormai da mesi.
Dalla riforma dell’assistenza, in soli due anni, d’altra parte, si riuscirebbero a cavare fuori, nelle migliori delle ipotesi, massimo 4 miliardi di euro, anche se a regime, cioè in un lasso di tempo più lungo,le cifre potranno essere molto più alte, ma per arrivare al pareggio di bilancio un anno prima del previsto, nel 2013, servono subito altri soldi.

Le ipotesi. Per questo si ragiona, ormai, congiuntamente, su tre fronti della previdenza: l’età di pensionamento delle donne nel settore privato, le pensioni di reversibilità, e, soprattutto, quelle di anzianità.
Per le donne si tratterebbe ridurre drasticamente la distanza ai 65 anni degli uomini, che si concluderà solo nel 2030, mentre per i 5 milioni di pensioni di reversibilità, 38 miliardi l’anno, l’intervento sarebbe più graduale, dovendo far salvi i diritti acquisiti. Il grosso della spesa, e del risparmio, così, risiede nelle pensioni di anzianità.
Lo scorso anno l’età media effettiva di pensionamento degli uomini è stata di appena 58,5 anni e in questo salirà a 58,8. Da qui al 2014 si assisterà ad un aumento progressivo dettato dalla logica delle ‘quote’, cioè la somma di contributi ed età anagrafica, ma anche tra tre anni, tuttavia, si potrà ancora andare in pensione a 61 anni, e a 62 per gli autonomi, cosicché per arrivare a un pensionamento effettivo a 65 anni ci vorranno almeno trent’anni.
Questa evidenza, insieme alla disparità di trattamento, in termini di assegno previdenziale, di chi va oggi in pensione anticipata con il vecchio sistema ‘retributivo’ e di chi ci andrà tra quindici o venti anni con il sistema ‘contributivo’, potrebbe accelerare un intervento drastico sul sistema previdenziale che sposerebbe le esigenze di pareggio del bilancio di oggi e quelle di equità di trattamento di un prossimo futuro.
Proprio per questo esperti e tecnici del Governo sembrerebbe abbiano già delineate le due strade possibili, quella drastica dell’abolizione delle pensioni di anzianità lasciando la possibilità di uscita prima dei 65 anni per i soli addetti ai lavori usuranti e quella dei disincentivi per ogni anno mancante al limite della vecchiaia.

M.N.