Crisi: Bossi boccia l’amico Giulio

Il discorso del superministro ha sollevato un coro di proteste. Ad uscire poco convinto dall’aula di Montecitorio, dove ieri mattina Giulio Tremonti ha illustrato alcuni punti della sua “correzione” alla manovra, è stato anche Umberto Bossi. Il numero uno della Lega – che in molti casi ha dimostrato di preferire l’amico Giulio a Silvio Berlusconi – ha ieri liquidato la relazione del ministro definendola “un po’ fumosa“. Non solo: a impensierire il Senatur ci sarebbe anche il sospetto che a dettare la linea della correzione economica sia stato Mario Draghi, futuro presidente della Bce: “Ho il timore – ha detto Bossi – che si stia tentando di far saltare il governo“.

Il fumo del Senatur – Il discorso di Giulio Tremonti alle commissioni Affari Costituzionali e Bilancio di Camera e Senato? “Un po’ fumoso“. La sostanziale bocciatura non è giunta da un esponente dell’opposizione ma da un fidato (forse il più) alleato del titolare di via XX settembre. Ad accennare una smorfia di disappunto di fronte alle misure anti-crisi illustrate ieri dal ministro è stato, infatti, quell’Umberto Bossi che ha più volte dimostrato la sua rocciosa solidarietà al responsabile dei conti pubblici (al punto da far “ingelosire” il Cavaliere in più occasioni) e che fino a qualche giorno fa ha ricevuto l’amico occhialuto a Gemonio per parlare di “proposte concrete”, utili per fronteggiare la crisi.

La maggioranza a rischio? – Quando ieri il leader della Lega è uscito dall’Aula di Montecitorio, l’impressione è stata che di quelle proposte Tremonti non avesse fatto il minimo accenno, tanto da insolentire il capo dei padani. “Non mi ha convinto – ha rincarato Bossi – Bisogna saper dire anche dei no, perché altrimenti si rischia una crisi”. Una crisi finanziaria che potrebbe spianare la strada anche a quella politica, con un preoccupante scricchiolamento dell’asse di maggioranza enfatizzato dai mugugni del Senatur.

I sospetti su Draghi – Ma non è tutto perché il ministro delle Riforme ha ieri dato voce a un altro allarmante sospetto. Della famosa lettera recapitata dalla Bce a palazzo Chigi per avvertire della necessità stringente di rimettere i conti a posto: “Temo che quella lettera sia stata fatta a Roma – ha tagliato corto Umberto Bossi – e temo che ci sia un tentativo di far saltare il governo. C’è qualcuno che invece di stare in Europa, è sempre a Roma”. Una stoccata (fuori di metafora) al governatore di Bankitalia, Mario Draghi, in procinto di staccare il suo biglietto per Francoforte (alla guida della Bce), che – è il sentore del leader del Carroccio – avrebbe “commissariato” l’amico Giulio, spingendolo a prendere imprudenti decisioni.

Maria Saporito