Tremonti, la Bce e il rigore a porta vuota

Tremonti e il rigore della Bce. Le ulteriori misure anticrisi illustrate dal Ministro dell’Economia, hanno provocato una serie di reazioni negative in tutte le frange dell’opposizione, ma anche molti dubbi in diversi esponenti della maggioranza.  Tremonti, che comunque ha precisato il fatto che si tratta di ipotesi, molte , tra l’altro, suggerite dalla Banca Centrale Europea, ha guardato ai mercati. Purtroppo non sempre questi ultimi funzionano con logiche parallele ai bisogni della popolazione. Una delle ipotesi più criticata è quella riguardante il cosiddetto “diritto a licenziare” che il Ministro presenta come  “il licenziamento del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici”.

Chi spende? Chi produce? Ammesso il fatto che il mercato accolga positivamente una tale misura, è da dire che, allo stesso modo, un simile provvedimento potrebbe contrarre spese ed investimenti e di conseguenza anche la produzione. Sarà un’ipotesi anche questa, ma quando c’è meno lavoro ed il posto diventa sempre più incerto, risulta piuttosto difficile comprarsi un’auto, una casa, ma non solo;  i consumatori ovviamente, per prudenza, tendono a risparmiare anche sulle piccole cose. Insomma, l’economia potrebbe girare di meno. Se tutti spendono meno, c’è una minore domanda di beni e servizi e di conseguenza, una contrazione della produzione degli stessi, e ciò equivale a mettere in seria difficoltà le aziende.

Una misura semplice ed immediata. O quasi. Insomma, più o meno un rigore a porta vuota, ma poi? L’idea non è di Tremonti, ma viene da una lettera della Bce. Licenziare personale fa risparmiare le aziende prima di tutto sugli stipendi, ma è davvero la strada giusta? Lasciare a casa  10 o 100 dipendenti (a puro titolo di esempio) fa risparmiare 10 o 100 retribuzioni. Ma è davvero una soluzione per l’azienda? E che fine fanno quei dipendenti? Una soluzione potrebbe esserci. Come ben spiega Stefano Colli Lanza, a.d. di Gigroup, in un’intervista rilasciata a l’inkiesta.it, l’azienda quando licenzia dovrebbe  “impegnarsi a dare un tot di soldi, a seconda dell’anzianità, e in più farsi carico della ricollocazione della persona”. Vale a dire, a me azienda non servi più e quindi non ti posso tenere, ma ti garantisco comunque un futuro da un’altra parte e un’indennita che ti risarcisce del disagio. Riuscirà mai a partire un simile meccanismo virtuoso in Italia?

A.S.