Dopo 2700 anni gli archeologi hanno rimosso una lastra di pietra che sigillava l’accesso a una camera secondaria nel Tumulo della Regina a Tarquinia, in provincia di Viterbo, riportando alla luce una tomba etrusca. Un sepolcro, risalente al VII secolo a.C. appartenente molto probabilmente ad una persona aristocratica della comunità tarquiniese con un ruolo regale, vicino alla figura dei re etruschi, i cosiddetti “lucumoni”.
Decorazioni e raffigurazioni – Le ricerche, condotte a partire dal 2008 dall’Università degli Studi di Torino, dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale e dalla città di Tarquinia, dirette sul campo da Alessandro Mandolesi, hanno rivelato la presenza, nella parte anteriore del sepolcro, di un largo accesso praticabile, probabilmente coperto in origine da una grande tettoia, utilizzato per le celebrazioni in omaggio al nobile defunto. Emerse, poi, in alcuni punti tracce di decorazioni dipinte rappresentate da una larga fascia rossa, sviluppata probabilmente sui tre lati dell’ingresso, al di sotto e al di sopra della quale si distinguono raffigurazioni di probabile significato religioso. Fra queste, una corposa immagine, di difficile lettura, dall’evidente andamento sinuoso che la avvicina a motivi vegetali o animali del repertorio orientalizzante. Nella parte bassa si riconoscono, invece, un unguentario di tipo corinzio e forse la mano di un personaggio. L’importanza di questo intonaco dipinto ha reso necessario l’intervento dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.
Pittura funeraria tarquiniese – Se gli scavi confermassero la datazione dei decori, circa la metà del VII secolo a.C., allora si tratterebbe della più antica manifestazione di pittura funeraria tarquiniese realizzata in ambiente aperto, religioso. La nuova testimonianza rialzerebbe così di qualche decennio le prime esperienze pittoriche del centro etrusco, noto nel mondo proprio per le sue tombe dipinte. Nei prossimi giorni verranno effettuate accurate indagini degli ambienti interni, appena riaperti alla luce, di cui si possono al momento rilevare tracce del raro intonaco originario e di materiale archeologico.
Valentina De Simone