Melania Rea forse non è stata uccisa solo perché si era inconsapevolmente trovata nel ruolo di terzo incomodo nella relazione extraconiugale che suo marito, e per il momento unico indagato, Salvatore Parolisi portava avanti da due anni con l’ex allieva Ludovica Perrone. La giovane mamma di origine campane potrebbe essere stata assassinata per una vicenda che travalica la sfera privata e sentimentale. A sostenerlo è stato il l’ex gip di Teramo che ha ipotizzato che Melania potrebbe essere venuta a conoscenza di alcuni segreti scottanti interni alla caserma Clementi di Ascoli Piceno e che ciò potrebbe aver costituito l’inizio della sua fine.
INGIURIE E MINACCE – Capire quali siano stati i reali rapporti tra istruttori e reclute femminili del 235° Reggimento Piceno non è facile e probabilmente ci vorrà ancora molto tempo per aprire uno squarcio in quel muro di ‘riservatezza’ che circonda gli ambienti militari; tuttavia nelle ultime ore è stata confermata la notizia del processo a cui verrà sottoposto il prossimo 29 settembre il maresciallo Antonio Di Gesù, in servizio proprio alla Clementi, perché accusato di minacce e ingiurie continuate nei confronti di inferiori in grado, nello specifico soldatesse.
La vicenda non dovrebbe avere nulla a che vedere con il giallo di Ripe di Civitella, però serve a far risaltare quello che ormai sembra essere molto più di un semplice sospetto: i rapporti all’interno della caserma di Ascoli Piceno non erano così trasparenti come si è voluto far credere.
Di Gesù, stando a quanto riporta il quotidiano Il Messaggero, avrebbe “avuto un vizio: offendere le allieve che addestrava, far loro proposte sessuali molto dirette e, se queste non stavano al suo gioco, le minacciava e si vendicava con punizioni e rappresaglie“.
A chi si sarebbe ribellata agli approcci eccessivamente sconvenienti del maresciallo, Di Gesù avrebbe intimato: “Guai a te se parli con altri di quanto è accaduto, ti faccio passare i guai“.
S. O.