Cosa è accaduto nel bosco delle Casermette, a Ripe di Civitella (Te), tra il primo pomeriggio del 18 aprile e la tarda mattinata del 20? Questa è una di quelle domande, probabilmente tra le più importanti, che a quasi quattro mesi dall’omicidio di Melania Rea, ventinovenne originaria di Somma Vesuviana trovata cadavere nella località teramana, non ha avuto ancora una risposta certa.
Se da un lato è stato appurato, a seguito dell’autopsia effettuata dall’equipe guidata dall’anatomopatologo Adriano Tagliabracci, che sul cadavere erano presenti segni riconducibili a due momenti, separati nel tempo, in cui l’assassino – o i suoi complici, qualora ce ne fossero – avrebbe infierito anche con lo scopo di depistare le indagini; dall’altro diversi quesiti rimangono ancora insoluti.
Corpo coperto? – Tra di essi quello che più suscita perplessità è dato dall’aver appurato che il corpo senza vita di Melania, nonostante sia rimasto in un bosco per quasi quarantotto ore, non presentava alcun segno dell’azione di animali notturni. Ed è così che c’è chi, come il criminologo Carmelo Lavorino, non esclude la possibilità che qualcuno abbia potuto sorvegliare il cadavere fino al momento in cui si è deciso di esporlo e farlo ritrovare: “C’è da chiedersi come mai sul corpo e sui vestiti di Melania – ha dichiarto giorni fa il criminologo all’Adnkronos – non siano state rinvenute tracce dell’azione di animali boschivi e i loro residui organici, nonostante il corpo sia rimasto sul posto per quarantotto ore. E’ altamente probabile che sia stato ricoperto con un telo mimetico. Tale considerazione porta a individuare particolari possibilità, capacità, opportunità, competenze e logistica del soggetto ignoto”.
Per Lavorino, il depistaggio potrebbe aver riguardato anche la posizione del corpo: “E’ stato ipotizzato che le mani di Melania riunite sul petto indicassero un tentativo di difendersi dai colpi mortali. Ritengo, invece, che sia stato l’assassino a disporle le mani sul petto dopo averla ferita a morte. Un atto di matrice psicologica indicatore di negazione psichica, di rimorso, di disfacimento del crimine da parte dell’esecutore, un tentativo di chiusura della scena cruenta. Un atto che è la firma psicologica dell’assassino, derivante dal bisogno intimo di riparazione del crimine e di allontanarsi da esso. Un atto che indica una relazione affettiva fra vittima ed aggressore”.
S. O.