“La manovra, per definizione, vuol dire pesare di più sulle tasche degli italiani e dare meno benefici. Però il problema è come lo si fa”. A sostenerlo, nel corso di un’intervista rilasciata ieri a Radio 24, è stato Romano Prodi. Al Professore la “ricetta” messa in campo dal governo per rimettere in sesto i sofferenti bilanci nazionali non convince. Di più: oltre alle poco condivisibili scelte economiche, per l’ex presidente del Consiglio esiste un problema squisitamente politico: “Ognuno in seno alla maggioranza ha la sua tesi e ognuno mette un pezzettino di veto – ha notato – In questo modo non si può risanare il Paese”.
La manovra secondo Romano – Una manovra impopolare, incardinata su strategie asfittiche e su un sistema di governo troppo instabile. E’ questo, in sintesi, il giudizio espresso ieri da Romano Prodi sul provvedimento correttivo presentato da Berlusconi e Tremonti dopo le sollecitazioni di Francoforte. Ai microfoni di Radio 24, l’ex presidente del Consiglio, padre nobile dell’attuale Pd, ha consegnato un’istantanea quanto mai lucida, nella quale non ha mancato di indicare la possibile soluzione.
Tracciabilità, avanti tutta – “Se non mettiamo mano alla lotta all’evasione fiscale – ha detto l’ex presidente della Commissione europea – tra tre anni ci troviamo nella stessa situazione. Occorre utilizzare l’elettronico in modo feroce, è l’unica via per andare avanti. Ricordiamoci che la democrazia si difende con le ricevute e le ricevute moderne sono un sistema elettronico che controlla quanto si spende e quanto si ricava e lascia la tracciabilità. Se noi non abbiamo il coraggio di far questo – ha ribadito il Professore – il Paese sarà sempre un Paese disastrato”.
Nessun contatto tra ieri e oggi – E sul parallelo indicato da alcuni tra il sacrificio chiesto dal suo governo per entrare nella zona Euro e il contributo di solidarietà contemplato dall’attuale manovra, Romano Prodi ha prontamente replicato: “C’è una profonda differenza. La nostra, allora, era una gara per la promozione, noi per entrare nel club dell’euro dovevamo arrivare al 3% del deficit. Era un governo che lavorava insieme, in modo collettivo”.
La maggioranza dei veti – E ancora: “Abbiamo fatto mille conti – ha continuato l’ex premier nella sua ricostruzione – se noi fossimo entrati subito, si sarebbero abbassati i tassi d’interesse. Mi ricordo benissimo le lunghissime discussioni fatte con Ciampi, Andreatta, Napolitano prima di annunciare la manovra – ha proseguito Prodi – C’era una squadra. Facevamo ore e ore di simulazioni con i funzionari”. Una situazione imparagonabile ( a suo giudizio) a quella attuale: “Qui – ha ripreso l’ex premier – ognuno ha la sua tesi e ognuno ha un’opinione diversa in seno alla maggioranza. Ognuno mette un pezzo di veto e quello che ci rimane è un pezzettino di decisione che non può risanare un Paese”.
La speculazione che infilza – Di più: per Romano Prodi proprio la malferma situazione politica ha spianato la strada alla crisi: “In questa maggioranza – ha insistito – ognuno ha la sua voce. Proprio questa divisione è stata l’elemento scatenante della speculazione contro l’Italia. La speculazione – ha spiegato il Professore – fa come gli Orazi e i Curiazi, prende quello più debole e lo infilza. In quel momento l’Italia si presentava come estremamente debole. Non c’era una politica economica e non si sapeva dove stesse andando”.
Maria Saporito