Esprimere la propria libera opinione o dare un contributo decisivo – e in un certo senso autolesionista – a una violazione della privacy? Si muove su questi due poli opposti la polemica che in Germania ha coinvolto il più rinomato dei social network, ovvero Facebook.
A essere al centro dell’attenzione vi è l’ormai famoso tasto ‘mi piace‘ che è sdoganato dal contesto in cui è nato, oramai è entrato nel gergo colloquiale di molti giovani: come si evince dal suo stesso nome, il tasto dà la possibilità all’utente di esprimere la propria preferenza riguardo a quasi qualsiasi cosa, da artisti agli sportivi, dai marchi di moda ai politici, passando per le divinità o le posizioni del kamasutra.
Nello stato tedesco del Schlewsig-Holstein, il Garante della Privacy ha preso di mira il ‘mi piace’ in quanto darebbe adito a violazioni della privacy che minerebbero il contenuto di uno degli articoli più importanti della Costituzione che recita: “La dignità della persona umana è inviolabile, e al suo rispetto è subordinato l’esercizio di ogni potere e attività“.
Marketing – Nello specifico spuntando il pollice in alto caratteristico del tasto incriminato, l’utente acconsentirebbe – senza saperlo – a essere monitorato per ben due anni, ciò fa sì che l’identità e le attività dell’internauta vengono registrate senza saperne l’uso che di esse se ne farà. Il più delle volte a essere interessato a queste circostanze è il marketing che così può fare leva su dati specifici nell’individuazione del proprio target.
Ma c’è chi non la pensa così e su Facebook ha aperto un blog contro quella che viene visto come un gesto censorio.
E gli italiani, da che parte starebbero?
S. O.