Melania, Parolisi resta in carcere: le motivazioni dei giudici

Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore del 235° Reggimento Piceno accusato di essere l’autore dell’omicidio della moglie Melania Rea, la ventinovenne di Somma Vesuviana ritrovata cadavere nei boschi di Ripe di Civitella lo scorso 20 aprile, rimarrà in carcere. A deciderlo è stato una sentenza del Tribunale del Riesame di Teramo presieduto da Giuseppe Romano Gargarella.
I motivi che hanno portato al mantenimento della custodia cautelare all’interno del carcere di Castrogno sono riconducibili perlopiù alla figura stessa dell’indagato più che a chi gli sta attorno. Nella sentenza, infatti, si fa riferimento perlopiù alle riflessioni fatte in un primo momento dalla Procura di Ascoli Piceno, secondo cui la centralità del movente sta nella doppia vita sentimentale di Parolisi e in ciò che esso avrebbe portato, piuttosto che sui sospetti presentati dall’allora gip di Teramo Giovanni Cirillo che ha, invece, ipotizzato che Melania sia stata uccisa perché venuta a conoscenza di segreti indicibili circa il mondo militare e nello specifico ciò che avveniva nella caserma ‘Clementi’ di Ascoli.

Sentenza – Questi, alcuni dei passaggi della sentenza resa nota dal Tribunale del Riesame: “[Parolisi era] stretto tra due fuochi: da un lato la moglie Melania, dall’altro l’amante Ludovica”.
“Non si deve neppure trascurare che in una situazione come quella di Parolisi , con uno stipendio da caporalmaggiore dell’Esercito, la separazione dalla moglie casalinga senza attività lavorativa e una figlia piccola avrebbe comportato per lui una situazione economica estremamente difficile“.
“[Parolisi denota] una particolare pericolosità sociale, rischio di inquinamento delle prove, efferatezza del delitto, probabilità di commissione di ulteriori reati della stessa specie… come si evince anche dal depistaggio e dal vilipendio del cadavere”.
“Seppure manchi una prova diretta che comprovi la responsabilità dell’indagato, il profilo indiziario lo indica necessariamente come autore dell’omicidio della moglie”.

Giorgio Piccitto