Manovra, Calderoli: Rivedere pensioni di chi non ha mai lavorato

Roma Calderoli annuncia un nuovo possibile intervento contro chi non paga le tasse. Sulle pensioni avverte: “Quelle di chi ha lavorato non si toccano, ma si può vedere su accompagni e reversibilità“. E definisce l’abolizione delle province una “castroneria“.

Il nodo delle pensioni – Continuano inesorabili le proposte da inserire nella manovra economica. Il tempo stringe, i conti pubblici peggiorano e l’Europa chiede di far presto. E così inizia la battaglia di tutte le proposte possibili per trovare i soldi per finanziarie il debito pubblico record dell’Italia.
Calderoli ci riprova. Qualche giorno fa la proposta di tassare chi ha due auto, oggi propone di rivedere le pensioni di chi non ha mai lavorato. Tra cui rientrano disabili e vedove.
La questione pensioni è forse la più spinosa di questi giorni, il Pdl apre ad un intervento mentre la Lega cerca di frenarlo a tutti i costi.
Calderoli ribadisce: “Non si toccano le pensioni di chi ha lavorato”, chiarisce il ministro per la semplificazione, che aggiunge: “bisogna andare a interessarci di chi non ha mai lavorato e qui, forse, sarebbe il caso di andare a rivederle“. Ovvero le “pensioni di reversibilità, eccessivamente alte, chi prende ‘accompagnamenti che oggi vengono dati indistintamente a tutti senza limiti legati al proprio reddito”.

La risposta della federazione Italiana handicap – La federazione Italiana per il superamento degli handicap,  ricorda che “la pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale, riconosciuta ai superstiti dei lavoratori a determinate situazioni, già restrittive. Fra i beneficiari ci sono anche i figli inabili non in grado di lavorare e mantenersi da soli dopo la morte dei genitori”.
Quanto meno singolare che i diritti acquisiti vengano tirati in ballo solo per i vitalizi degli ex parlamentari e non valgano per gli altri cittadini”, commenta Pietro Barbieri, presidente della FISH.
Ma il bersaglio grosso è sicuramente l’indennità di accompagnamento: per l’ennesima volta si propone di legarne l’erogazione al reddito, dimenticando che si tratta dell’unica prestazione (450 euro al mese) riconosciuta alle persone con gravissima disabilità. Limitarla significa colpire direttamente le persone e le loro famiglie a cui lo Stato non riconosce altri supporti economici e materiali”, conclude.

Matteo Oliviero