Dubbi e polemiche sui gatti fluorescenti contro l’Aids

Dubbi e polemiche su Aids e gatti fluorescenti.   I ricercatori della clinica Mayo, Stati Uniti, sono riusciti a creare i primi gatti transgenici fluorescenti. L’esperimento  è consistito nell’impiantare un gene delle meduse nel dna dei felini, rendendoli fluoerescenti. Lo stesso dna modifcato, di gene ne contiene anche un altro (tipico di una particolare razza di gatti), quello resistente all’aids felino. I tre mici aiuteranno i ricercatori a scoprire eventuali cure anche per l’Aids umano, secondo quanto da loro stessi dichiarato. La notizia ha però suscitato molti dubbi; a prescindere dalla questione etica riguardante l’utilizzo di animali per fare ricerca inerente a malattie umane, alcuni hanno sollevato problemi  anche di natura prettamente scientifica.

La nota dell’Enpa. “Sebbene le dichiarazioni dei padri del micio transgenico siano trionfalistiche spiega la responsabile scientifica di ENPA, Ilaria Ferri –  il vero punto debole della loro ricerca è la differenza sostanziale, e ineliminabile, tra il modello umano e quello animale . Del resto – aggiunge – se così non fosse che bisogno ci sarebbe di ripetere, spesso con esiti disastrosi, gli stessi esperimenti anche sui pazienti umani?. Insomma, un’idea considerata per niente brillante dall’Enpa. Il problema riguarderebbbe l’affidabilità degli esperimenti effettuati su animali, ma aventi come obiettivo le cure per le malattie che affliggono gli esseri umani. Nel caso dei gatti fluorescenti la situazione appare poi oltremodo complessa.

Convergenze e divergenze. nel 1987 il ricercatore Janet Yamamoto contribuisce a scoprire la FIV, la sindrome da immunodeficienza felina, una sorta di Aids “naturale” dei gatti. L’infezione però non contagia l’essere umano. Allo stesso modo, quella umana non è in grado di infettare il felino, il che farebbe pensare a forti differenze tra Fiv e Aids umano. Lo stesso Yamamoto nel 2005 scopre  però un’importante correlazione tra le due varianti, se così si possono chiamare, quella umana e quella felina.  Per la Fiv esiste un vaccino piuttosto sicuro. Spesso i veterinari ed i volontari dei gattili consigliano di somministrarlo ai gatti che vivono all’aperto, o  comunque in un giardino. La malattia, anche se non è facile, è infatti trasmissibile ad esempio attraverso un combattimento. Yamamoto inietta nei felini una variante del virus umano, scoprendo che questo genera una sorta di protezione verso la Fiv di efficacia molto simile a quella del vaccino già in uso. Da qui l’ipotesi che, nonostante la malattia non possa essere trasmessa in nessun caso  dal gatto all’uomo (e viceversa), esista comunque una correlazione significativa tra le due. Sempre nel 2005 Yamamoto ipotizza anche, partendo dalla suddetta correlazione, il fatto di arrivare a scoprire un vaccino  per l’aids umano in futuro.

A.S.