Myanmar, il governo annuncia amnistia: riguarderà anche i prigionieri politici?

C’è tanta curiosità in queste ore sulle mosse che il governo del Myanmar, l’ex Birmania, attuerà per rispondere a un invito proveniente dalla comunità internazionale circa la revisione del trattamento riservato a quelli che sono considerati detenuti politici e dalle quelle parti sono molti: stando alle cifre riportate dall’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici (Aapp), nelle carceri del paese asiatico vivrebbero più di duemila persone, costrette a scontare colpe derivanti semplicemente dall’avere un’ideologia contraria a quella di chi è al potere.
Il Myanmar, che da pochi mesi vanta il primo presidente civile – seppur con un passato da generale dell’esercito – da quando quarantanove anni fa la giunta militare prese il potere, ha reso nota la decisione di liberare nei prossimi giorni un numero imprecisato di detenuti.

Anche i prigionieri politiici? – La notizia è stata così commentata da Irrawaddy, il quotidiano dei dissidenti birmani con sede all’estero: “In una lettera politica pubblicata nel quotidiano filo-governativo The new light of Myanmaron il portavoce della Commissione per i diritti umani nel Myanmar, Win Mra, ha detto che il presidente Thein Sein rilascerà i prigionieri che non costituiscono ‘un pericolo per la sicurezza dello Stato e della sicurezza pubblica’ come dimostrazione di magnanimità“.
Tuttavia i critici non si lasciano andare ai facili entusiasmi, perché dalle parole espresse da chi sta al governo non è specificato se tra coloro che beneficeranno dell’amnistia ci saranno anche i prigionieri politici (giornalisti, monaci, bloggers, ndr). A tal proposito Tate Naing, segretario dell’Aapp, ha detto: “Ci sono state poche occasioni in cui sono state date delle amnistie, ma anche in quei casi i prigionieri politici a essere liberati sono stati appena lo 0,05% di quelli che vivono nelle carceri birmane. Stavolta dovremo fare attenzioni sulle scelte che verranno fatte”.

Nella foto: Aung San Suu Kyi, leader dei dissidenti birmani.

S. O.