Roma, distrutta la statua della Madonna di Lourdes: non è una questione di cultura. La Chiesa condanna

Distrutta la statua della Madonna di Lourdes – Se ne sono viste veramente tante alla manifestazione di Roma: auto date alle fiamme, vetrine sfondate, supermercati saccheggiati, banche devastate, strade e piazze irriconoscibili. Una città sotto assedio, messa a ferro e fuoco da qualche centinaio di “black bloc”, facinorosi non meglio definiti (a meno che non si utilizzi un linguaggio poco consono ad un giornale) che hanno messo a repentaglio la vita di più di 200 mila persone, tra manifestanti, forze dell’ordine e privati cittadini barricati nelle loro abitazioni. E come se non bastasse, scuotendo il disgusto di tutti i credenti e la dignità della classe clericale, hanno frantumato anche la statua della Madonna di Lourdes, sottratta alla parrocchia di San Marcellino e Pietro, in via Labicana. Un gesto che molti hanno ritenuto “ignobile, profanatorio e -come tutto il resto- immotivato”. Non poteva che arrivare forte la condanna della Chiesa.

Questione di potere – A fronte di quanto è avvenuto, il “fattaccio” stava passando in secondo piano. Ma come spesso accade, il potere e le parole della Chiesa valgono più di mille voci e catalizzano l’attenzione dei “più”: “E’ un fatto che ci offende profondamente come cristiani”, ha detto da Milano il cardinale Angelo Scola. Stesse parole usate anche dal portavoce della Santa Sede: “Esprimiamo condanna per violenze immotivate e gli atti di offesa alla sensibilità dei credenti”. A questo punto però non è più una questione di cultura, ma di “potere”. “Il gesto- come ha sottolineato l’arcivescovo di Milano- esprime una grande violenza nel più comune senso dell’umano”. E se c’è comunque comprensione per la mobilitazione degli indignati che giustamente chiedono interventi per uscire dalla crisi, non ce ne può assolutamente essere per quell’1% di facinorosi che sfoga la propria rabbia esistenziale usando il potere della violenza. Sì, perché ancora una volta è il potere che ha preso il sopravvento.

Giovanni De Benedictis