Scontri a Roma, black bloc: Tutti sapevano e non è finita

Avevano pianificato da settimane i disordini a Roma durante la manifestazione pacifica degli ‘indignati‘: i black bloc avevano predisposto una vera e propria strategia ‘paramilitare’ per mettere a ferro e fuoco la Capitale ed avviare una protesta dai toni violenti e rabbiosi.

Il piano dei black bloc – Evitare il centro storico, troppo presidiato, e concentrare la presenza in piazza San Giovanni, il ‘campo ideale’ per gli scontri in quanto consente numerose vie di fuga. Questo il piano strategico degli insurrezionisti, studiato con cartine stradali alla mano ed ottimizzato grazie all’aiuto dei ‘fratelli romani’, che hanno fornito ai militanti, provenienti da tutta Italia, dettagli utili per mettere in pratica azioni dimostrative e blitz. Perché l’aspirazione dei black bloc era quella di realizzare un evento che, in quanto a disordini, fosse almeno pari agli scontri avvenuti durante il G8 di Genova nel 2001. Ed i piani dei black bloc erano noti da tempo alla Questura di Roma, la quale aveva predisposto un programma di sicurezza che puntava sul contenimento e non sullo scontro. I ‘professionisti della guerriglia’ avevano studiato un piano dettagliato, decidendo di mischiarsi al corteo pacifico, in attesa che il primo blocco di manifestanti arrivasse a San Giovanni, per scatenare i disordini, assicurandosi, però, ampi spazi in cui muoversi ed indietreggiare al lancio dei lacrimogeni. I teppisti sapevano che sarebbero stati avvantaggiati dalla presenza delle aiuole della basilica, che impedivano l’accesso ai mezzi delle forze dell’ordine: raccolti in piccoli gruppi compatti, si sono mossi con rapida determinazione, bardati di caschi, bandana, fionde e bastoni per colpire. A guidare le falangi dei black bloc erano i più anziani, ai quali bastava un cenno per scatenare l’inferno.

Tutti sapevano – «Noi non ci siamo nascosti. Il Movimento finge di non conoscerci. Ma sa benissimo chi siamo. E sapeva quello che intendevamo fare. Come lo sapevano gli sbirri. Lo abbiamo annunciato pubblicamente cosa sarebbe stato il nostro 15 ottobre. Ora i capetti del Movimenti fanno le anime belle. Ma è una favola. Mettiamola così, forse ora saranno costretti finalmente a dire da che parte stanno. Ripeto: tutti sapevano cosa volevamo fare. E sapevano che lo sappiamo fare: Perchè ci prepariamo da un anno». Queste le parole di un trentenne pugliese facente parte del gruppo dei black bloc, in un’intervista a ‘La Repubblica’. «Abbiamo fatto il master in Grecia – aggiunge – Per un anno una volta al mese siamo partiti in traghetto da Brindisi con biglietti di posto ponte, perchè non si sa mai che a qualcuno viene voglia di controllare – prosegue – E i compagni ateniesi ci hanno fatto capire che la guerriglia urbana è un’arte in cui vince l’organizzazione. Un anno fa avevamo solo una gran voglia di sfasciare tutto. Ora sappiamo come sfasciare. A Roma abbiamo vinto perchè avevamo un piano, un’organizzazione». E l’”organizzazione” aveva calcolato tutto nei minimi dettagli. Stando al racconto del black bloc, il gruppo era diviso in due falangi: i primi 500 si erano armati già dall’inizio della manifestazione ed avevano il compito di devastare Piazza Cavour, mentre altri 300 avevano avuto ordine di proteggerli alle spalle, per evitare che il corteo potesse isolarli. Le armi erano state nascoste la sera di venerdi dietro ad un furgone bianco parcheggiato all’altezza di via Sannio: «Dentro quel Ducato avevamo armi per vincere non una battaglia, ma la guerra», aggiunge il trentenne, mentre bastoni e sassi erano stati recuperati all’interno di un cantiere della metropolitana. Una strategia studiata a tavolino, senza trascurare nessuna ‘mossa’, dunque. Ma il black bloc, che ha dichiarato di aver partecipato anche agli scontri in Val di Susa, con fiera risolutezza, ha anche precisato: «E vi do una notizia. Non è finita».

Perquisizioni in tutta Italia – Intanto, in tutta Italia sono in corso operazioni di polizia e carabinieri, controlli a tappeto negli ambienti dei gruppi anarchici e dell’estremismo radicale. Centinaia di agenti sono impegnati dalle prime luci dell’alba in perquisizioni in molte regioni, dal Trentino alla Lombardia, dal Lazio alla Sicilia. Da quanto si è saputo, però, l’attenzione degli investigatori si sarebbe concentrata, in particolar modo, su indumenti che potrebbero portare all’identificazione degli autori degli scontri.

Francesca Theodosiu