Gli scavi minerari mettono a rischio la Grande Muraglia cinese

Le estrazioni minerarie continuano a mettere in pericolo la Grande Muraglia cinese: dopo il crollo del 2009, quando scavi di una miniera d’oro avevano provocato il cedimento di un centinaio di metri del monumento simbolo della Cina, riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ora l’allarme scatta per una nuova rovina nel distretto di Laiyuan, nella provincia di Hebei, a 200 chilometri a sud-ovest di Pechino. Si tratta di una porzione di 700 metri di muro e di altre parti seriamente danneggiate, risalenti alla dinastia Ming (1573 – 1620). «Quella sezione della muraglia è considerata la parte migliore di quelle costruite durante la dinastia Ming. E’ davvero un peccato», ha spiegato Guo Jianyong, ingegnere dell’Ancient Architecture Studies Institute.

Difesa della Muraglia – Lunga 6.700 chilometri, la Grande Muraglia era già stata danneggiata in passato in Mongolia ma il caso di Hebei fa pensare che la più famosa attrazione cinese sia a rischio anche nelle altre regioni. A Laiyuan solo il 20% del monumento è conservato in condizioni accettabili perché una sua parte era stata demolita da una compagnia di estrazione mineraria.
Nel 2006  il governo cinese ha varato un piano per difendere il proprio monumento-simbolo, vietando di prelevare mattoni, di piantare alberi nelle vicinanze o di costruire nei suoi pressi per non metterla a repentaglio. Il divieto non ha però sortito l’effetto sperato nelle regioni più remote: «Non sappiamo quanto abbiano scavato nel sottosuolo circostante. L’impatto che può provocare sulla muraglia non è prevedibile», ha spiegato Guo. Intanto l’Ufficio di conservazione dei beni culturali sta cercando di rafforzare i controlli e i monitoraggi, per scovare le possibili irregolarità.

Valentina De Simone