Da quando i social network sono divenuti parte integrante dell’esistenza della maggior parte dei cittadini della società del benessere, è diventato più facile analizzare quelli che sono i comportamenti e le attitudini che accomunano molti di noi. Vi è, fra le altre cose, una sorta di sensazionalismo che porta, spesso, più persone ad avere un bisogno quasi morboso di qualcuno che possa offrir loro, magari nella forma di pratici aforismi, delle preziose lezioni di vita, qualcuno che possa “fare da esempio”.
Sensazionalismo ed idolatria – Da quando il magnate di Apple, Steve Jobs, è passato a miglior vita, il popolo mediatico sì è lasciato fomentare dal buon proposito d’essere affamato e folle, idea imbarazzantemente romantica che prima della morte del celebre informatico aveva accarezzato le meningi di un numero certamente più esiguo di individui. Non c’è niente di male nel sentire il bisogno di ispirare i propri comportamenti a quelli di qualcuno che si crede essere stato un buon esempio di condotta, ma c’è da dire che la tendenza ad avere la necessità di qualcuno che ci indichi sempre e comunque la strada giusta (magari attraverso espressioni tragicamente decontestualizzate) è quantomeno sintomo di un forte senso di smarrimento nemmeno poi così difficile da smascherare. Steve Jobs sta ascendendo verso l’olimpo degli impeccabili maestri di vita del popolo disorientato, cosa che riesce a fare solo chi viene idolatrato a dovere. Chi ha ancora il coraggio di parlare d’ateismo dilagante in un mondo in cui, pur di credere in qualcosa, ci si attacca alla voglia di avere un informatico (brillante ed impeccabile, certo) come “mentore de momento”, magari in attesa che muoia qualcuno di altrettanto ammirevole?
La biografia autorizzata di Steve Jobs – A prescindere da ogni riflessione sociologica che si può fare sul fenomeno che ha portato migliaia di individui a sentire il bisogno di mettere la fotografia di Jobs al posto della propria faccia nell’immagine del profilo di Facebook, c’è da ricordare che da poco sta circolando sul web e non solo una biografia autorizzata di Steve Jobs, scritta da Walter Isaacson. L’opera può, ad ora, vantare centoventicinque mila copie di tiratura e cinquemila prenotazioni sull’ iBookstore, o almeno questo è ciò che fa sapere la Mondadori. Difficile capire senza aver letto il libro se si tratta di un’opera inutilmente retorica o di un volume dall’interessante valore informativo; una cosa è certa: di fronte ad una tale spasmodica voglia di assorbire l’essenza di qualcuno è difficile non farsi almeno qualche domanda. Di che tipo? Le più che consuete “Chi siamo?” e “Dove stiamo andando?” sono di certo gettonatissime, oltre che sempre e comunque valide.
Martina Cesaretti