E’ iniziato questa mattina nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, il processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nell’ottobre del 1995.
Provenzano protetto da politici e forze dell’ordine – L’udienza si è aperta con l’audizione del pentito di mafia Stefano Lo Verso, ex boss di Ficarazzi: nascosto dietro ad un paravento, Lo Verso, che collabora con la giustizia dallo scorso inverno, ha risposto alle domande del pm Nino Di Matteo. «Nel ’91 feci il concorso per autista al Ministero della giustizia e la prima prova andò bene, purtroppo la seconda prova andò male e così svanì il sogno della mia vita…», ha esordito il pentito, ripercorrendo il suo curriculum ciriminale «iniziato dopo il 1991» a Ficarazzi, piccolo centro del palermitano. «Quando scoprii che l’uomo che ospitavo in casa da alcune settimane nel gennaio del 2004 era il latitante Bernardo Provenzano ho avuto paura, pensavo di avere in casa una bomba atomica, ma lui mi rassicurò dicendomi ‘non ti preoccupare, non avere paura. Sono sempre stato protetto dai politici, dalle forze dell’ordine e da un potente dell’Arma. Meglio avere uno sbirro amico che un amico sbirro’». Gravi le dichiarazioni rilasciate da Lo Verso davanti ai magistrati: l’uomo ha anche aggiunto che, nella stessa occasione, Provenzano lo avrebbe rassicurato che, sebbene avessero arrestato Michele Aiello, a mantenere i rapporti con l’organizzazione ci avrebbe pensato Cuffaro.
Mafia influenza voto politico – Il capomafia, inoltre, durante il periodo di latitanza, gli avrebbe pure confidato che lo Stato italiano era a conoscenza di chi avesse pianificato le stragi mafiose del ’92. «Le stragi sono state la rovina – gli avrebbe detto Provenzano – In pochissimi sappiamo la verità: io, il mio conpaesano Riina, Andreotti e altri due che sono morti. Lima che è stato ucciso, per paura che non sopportasse il peso e Vito Ciancimino che probabilmente è stato ucciso pure». Bernardo Provenzano, inoltre, avrebbe anche indicato al suo ospite l’interlocutore politico di ‘Cosa Nostra’: «Dopo le stragi Marcello Dell’Utri si è messo in contatto con i miei uomini», avrebbe riferito Provenzano, confidandogli che «Dell’Utri dopo gli attentati a Falcone e Borsellino prese il posto di Salvo Lima», aggiungendo di aver fatto in modo che Dell’Utri venisse votato nelle elezioni del 1994. «La mafia è capace di condizionare in Sicilia il 25-30% dei voti», ha concluso il collaboratore di giustizia Stefano Lo Verso. Alla domanda del Presidente del Tribunale Mario Fontana su come faccesse a sapere con certezza che Cosa nostra condiziona il voto nell’isola, Lo Verso ha replicato: «Ho avuto le prove nel 1994 quando feci la campagna elettorale per Forza Italia». Sarebbe stato proprio il boss Bernardo Provenzano a indicare ai mafiosi di votare per il partito di Berlusconi.
Francesca Theodosiu