Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

Operazione atroce. La mutilazione genitale femminile è una pratica feroce che vìola la donna nella sua integrità fisica e psicologica. Conosciuta anche come infibulazione, consiste nell’asportazione della clitoride e, nei casi più estremi, anche delle piccole e di parte delle grandi labbra  cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Gravissimi i danni provocati da questa operazione atroce: cistiti, ritenzione urinaria, infezioni vaginali e, nel peggiore dei casi,  morte della madre e del bambinodurante il parto.

Diffusione. Ancora oggi la mutilazione genitale femminile interessa oltre 140 milioni di donne nel mondo ed è diffusa in circa 40 Paesi, principalmente in alcune zone del sud est asiatico, nella Penisola Araba e in Egitto, dove, nonostante sia proibita, viene effettuata ancora sull’85%-95% delle donne. Diffusissima anche in Sudan, Mali e Corno d’Africa. La Somalia, in modo particolare, è stata definita dall’antropologo de Villeneuve  “Il paese delle donne cucite”, qui, infatti, subiscono la mutilazione genitale il 98% delle donne; un’operazione “necessaria”, chi non è infibulata infatti, è considerata impura e, di conseguenza, non può sposarsi e viene emarginata dalla comunità.

Migranti. Non sono indenni da questa pratica, infine, Paesi come l’Italia che la vivono indirettamente attraverso la presenza delle comunità immigrate. Infatti, anche se il nostro codice penale vieta ogni forma di mutilazione genitale femminile con la reclusione da quattro a dodici anni, questa operazione continua ad essere effettuata clandestinamente o quando le bambine vengono portate nei loro Paesi d’origine.

Tradizione tribale. L’infibulazione non è legata alla religione, ma alle tradizioni dell’antico Egitto e di diverse culture tribali. Per questo motivo, anche se non è prescritta dal Corano ed è proibita dal Cristianesimo, che la considera un peccato contro la sacralità del corpo, la mutilazione genitale femminile si è conservata in diverse società islamiche e anche tra i  cristiani copti.

Fallocentrismo. Scopo dell’infibulazione è quello di munire la donna di una “cintura di castità naturale”. Le bambine vengono sottoposte alla mutilazione per arrivare caste al matrimonio: una vera e propria dimostrazione di verginità! La donna infibulata perde la possibilità di provare piacere durante un rapporto sessuale che, viceversa, può diventare estremamente doloroso; tutto ciò rappresenta una garanzia di futura fedeltà per il marito che, inoltre, ha il potere di definbulare (scucire la vulva) la propria sposa se incontra difficoltà nella penetrazione.

Italia. Per porre un punto alla pratica crudele dell’infibulazione, è stata istituita la “Giornata mondiale  contro le mutilazioni  femminili”. In tale ricorrenza, il ministro italiano  degli Esteri, Giulio Terzi, ha affermato che «il 2012 puo’ essere l’anno in cui la comunita’ internazionale condanna con una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu questa pratica barbara, fortemente lesiva della dignita’ e dell’ integrita’ psico-fisica delle donne». Sempre nel nostro Paese, leader della campagna anti-infibulazione è la radicale Emma Bonino che da anni porta avanti, a fianco dell’organizzazione Non C’è Pace Senza Giustizia, una lotta politica  per la cessazione delle mutilazioni genitali femminili. Grazie a questa iniziativa di civiltà, sono state raccolte firme per una sollecitazione di proibizione di questa pratica da presentare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Giovanna Fraccalvieri