Messaggio ricevuto – Non si può parlare di colpo di scena, ma di sicuro ieri sera la Cnn ha dato nuova linfa al dibattito sulla questione siriana: l’inviata a Washington dell’emittente televisiva ha infatti riportato le dichiarazioni di “due fonti governative anonime”, secondo le quali il Pentagono starebbe valutando un’opzione militare per abbattere il regime del presidente Assad.
Le fonti, stando alla Cnn, hanno precisato che per il Ministero della Difesa è una prassi, in ogni situazione di stallo internazionale, studiare una possibile alternativa militare alle vie diplomatiche, ma il trapelare della notizia rappresenta in sè un avvertimento da parte degli Usa, sia alla Siria, sia agli “alleati” Russia e Cina.
Appurato infatti l’impossibilità di un dialogo con Mosca e Pechino riguardo alla crisi che sta passando il Paese mediorienale, resa definitiva dal loro veto nell’ultimo Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite, l’amministrazione Obama sta cercando di definire un nuovo asse diplomatico per intervenire, possibilmente limitandosi alle parole, nella crisi siriana.
Le opzioni – Nel caso diventasse inevitabile arrivare al conflitto armato, il nuovo asse di alleanze potrebbe passare, oltre che dall’Unione Europea, anche dai Paesi arabi amici degli Usa, come Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Secondo gli analisti, infatti, una delle possibilità di intervento militare potrebbe passare attraverso il sostegno ai ribelli dal punto di vista degli armamenti, magari sfruttando l’aiuto proprio degli Stati citati e delle loro disponibilità economiche. La seconda ipotesi più probabile, a dire degli esperti, consiste invece nell’affiancare all’opposizione siriana un consistente numero di piccole task force statunitensi, che così entrerebbero direttamente in gioco.
Ma sono sempre più insistenti le voci che vorrebbero invece i servizi segreti americani già infiltrati in Siria da diversi mesi; si ipotizza che il “quartier generale” delle operazioni risieda in Turchia, dove è appurato che gli Stati Uniti abbiano piazzato diversi droni pronti a decollare.
Damiano Cristoforoni