Sudamericano ucciso a Milano, la difesa del vigile

Omicidio volontario – Il vigile di Milano che ha sparato a un cileno durante un inseguimento, uccidendolo, era stato accusato di eccesso colposo di legittima difesa. Durante il lungo interrogatorio di lunedì scorso ha fornito la sua versione dei fatti che però presentava delle incongruenze rispetto alle testimonianze fornite dai colleghi dell’agente, costringendo gli inquirenti a cambiare l’imputazione in omicidio volontario.

Voleva solo spaventarli – L’uomo ha dichiarato di aver sparato un colpo in direzione del terrapieno poco distante dai due per spaventarli mentre uno dei suoi colleghi intimava l’alt e di non riuscire a capire come possa essere stato colpito il cileno considerando che si trovava a 20 metri di distanza dai fuggitivi.

Aveva visto una pistola in mano a uno dei due – Amigoni, questo il nome del vigile, ha detto di aver notato un revolver a canna corta in mano a uno dei due sudamericani e di aver deciso di sparare un solo colpo, evitando di farlo in aria per il timore che il proiettile finisse chissà dove. In effetti dalla pistola d’ordinanza dell’agente, dotata di 10 colpi, ne mancherebbe soltanto uno. Nella giornata odierna verrà effettuata l’autopsia sul cadavere, fondamentale a chiarire la traiettoria del proiettile e di conseguenza la dinamica dei fatti, inoltre, in fase di perizia, verranno effettuati anche gli esami balistici.

Marta Lock