“Volare”: recensione in anteprima del nuovo album di Stefano Bollani

Made in Japan – Un prodotto italiano di importazione giapponese. Sembra assurdo, ma è questo il paradosso che soggiace al nuovo album di Stefano Bollani, intitolato “Volare”. L’album – che vede il pianista milanese affiancato da Ares Tavolazzi al contrabbasso e Walter Paoli alla batteria – è stato registrato in soli due giorni nel luglio 2002, e distribuito successivamente solo nella terra del Sol Levante. Ora, a 10 anni di distanza, la trovata della distribuzione Egea è semplice ma intelligente: portare nel paese di origine l’album che ha reso famoso Bollani in Giappone. Il prossimo 12 marzo il disco troverà ufficialmente posto sugli scaffali dei negozi italiani.

 

Classici rivisitati – L’idea di fondo di “Volare” è semplice: rivisitare in chiave strumentale (ed eminentemente jazz) alcune canzoni storiche della tradizione italiana, dall’Opera alla musica leggera, passando per la tradizione partenopea e il cantautorato. Ci troviamo così ad ascoltare “E lucean le stelle” di Puccini, “Volare” di Modugno e “Azzurro” di Paolo Conte, accanto alla tradizionale “Te vojo bene assaje” e “Angela” di Luigi Tenco. Filo conduttore è la tecnica sopraffina di Bollani: un collante unico, capace di dare un respiro latin-jazz a “In cerca di te” (forse l’episodio più felice dell’album) senza forzare il tiro, a colorare di dissonanze “Volare” senza infastidire o poter essere tacciato di forzata ricercatezza, a “violare” il sacro tema de “La Dolce Vita” di Nino Rota con un tono di gradevole inquietudine. Il tappeto di Tavolazzi e Paoli è sempre adeguato ma spesso, in qualche modo, indiavolato. L’energia domina, la banalità è bandita. Proprio a noi italiani queste canzoni potevano risultare un semplice deja-ecouté; e invece, paradossalmente, acquistano nuova linfa, con un’inusitata leggerezza che ha tanti nomi: latin, cool, swing. O, forse, un nome solo: Stefano Bollani.

Roberto Del Bove