In pericolo di vita – Musy, capogruppo Udc in consiglio comunale, è in coma farmacologico dopo aver subito due delicati interventi chirurgici per rimuovere un grosso ematoma dal cervello provocato dalla caduta a terra e dal proiettile che ha colpito la scapola. Mentre i medici delle Molinette sembrano molto preoccupati per le condizioni di vita di Musy vanno avanti le indagini per ricostruire l’accaduto: esclusa la pista terroristica ci si concentra sulla vita professionale e privata, “Stiamo valutando la posizione di due persone che potevano avere motivi di rancore nei suoi confronti – dice il questore Faraoni – un uomo sconvolto da un fallimento e un altro legato a Musy da un rapporto di consulenza finanziaria” entrambi però con un alibi per la mattina di mercoledì. Non si esclude nessuna possibilità: forse l’obiettivo potrebbe non essere Musy, “L’avvocato Musy non ha il profilo della vittima” precisa l’investigatore, insomma, non si riesce a capire perché qualcuno potesse avercela con lui.
Ricostruzione dell’agguato – Ci sono decine di testimoni che dichiarano di aver incontrato l’aggressore nel corso della tortuosa passeggiata che lo ha portato nel cortile di via Barbaroux 35 e il suo avvicinamento è stato immortalato da più di una telecamera. L’uomo indossava un casco bianco, un soprabito nero, aveva in mano un vistoso pacco e “Dopo la sparatoria – sottolineano in questura – se n’è andato seguendo la stessa strada e sempre tenendo il casco in testa”. Mercoledì mattina Niccolò Manassero, archeologo, ha aperto il portone di casa al killer credendo di dover ritirare un pacco. In quel preciso momento rientrava a casa Musy, che avendo dimenticato di portare con sé l’iPad potrebbe essersi trovato sulla scana per puro caso. Da questa nuova prospettiva Musy potrebbe quindi non essere stato il bersaglio dell’aggressione, ma solo un intruso.
Irene Fini