Giovanni Falcone vent’anni dopo la strage di Capaci: lo Stato dov’era?

Anniversario strage di Capaci: ricorre oggi il ventesimo anniversario della strage di Capaci nella quale persero la vita Giovanni Falcone, obiettivo purtroppo centrato dei malavitosi, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta alla guida della vettura che precedeva l’auto del magistrato palermitano. Oggi, come sempre, tuoneranno i nomi dei colpevoli, com’è giusto che sia: mafia, mandanti, sicari, Brusca, Totò Riina e tutti coloro che ci hanno portato via così violentemente un uomo come Giovanni Falcone, gli uomini onesti che ne costituivano la scorta e la donna coraggiosa che lo ha amato corrispondendo precisamente al concetto di amore. La mafia ha ucciso Giovanni Falcone ma lo Stato? La parola mafia possiamo lasciarla in minuscolo, merita, effettivamente, di essere scritta in minuscolo, invece ci spiegano che per la parola “Stato” ci vuole il maiuscolo.

Uno Stato minuscolo: nel caso di Giovanni Falcone, mente brillante al servizio dello Stato e della Giustizia, lo Stato e i suoi cavalier serventi, ben lungi dall’essere dignitosi servitori, sono stati così minuscoli che il cuore si stringe. Nel libro Cose di Cosa nostra, il Magistrato annota un’amara considerazione alla luce dei vari giochi di potere che si svolgevano in procura e puntavano ad indebolirlo continuamente: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.
Oggi, esattamente come vent’anni fa quando seguivano la bara di un uomo maiuscolo, i colleghi, le eminenze in rappresentanza dello Stato, useranno parole quali eroe, coraggio, etica, lotta alla mafia. Quando Falcone era in vita si diceva, nei piccoli corridoi carichi di invidia: “è un comunista“, “è vanitoso“, “familiarizza con i pentiti, porta i regali a Buscetta” (durante un interrogatorio Falcone offrì al pentito le proprie sigarette in quanto l’uomo le aveva dimenticate n.d.r.), “ha orchestrato lui stesso l’attentato a suo danno fallito presso la sua residenza marina, l’ha fatto per farsi pubblicità.” 

L’ira di Borsellino e della Boccassini: Antonino Meli e Domenico Sica vennero preferiti al magistrato ben più esperto e qualificato che era Falcone per ricoprire cariche importanti quali la guida dell’Alto Commissariato per la lotta alla Mafia. Borsellino aveva denunciato alla stampa tale ingiustizia, Paolo Borsellino aveva capito bene che vento tirasse eppure è rimasto lì, fino alla fine, la sua, conscio della spietata organizzazione di quello Stato per il quale si accingeva a dare la vita, quella medesima istituzione che aveva esercitato un mobbing spietato contro l’amico Giovanni. Nel 1990 Leoluca Orlando accusa Falcone di aver tenuto chiusa in un cassetto della documentazione “scomoda”, pioggia di critiche anche da parte di Carmine Mancuso e Alfredo Galassi nonché da parte di altri esponenti dell’italica politica e giustizia. Illuminante il j’accuse di Ilda Boccassini contro i colleghi durante una commemorazione a pochi giorni da quell’orrenda strageNon volevo vedere lo scempio che si sta verificando oggi a Palermo, con i funerali di Stato. Voi avete fatto morire Giovanni Falcone, voi con la vostra indifferenza, le vostre critiche. Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo, due mesi fa, quando a un’ assemblea dell’ associazione magistrati le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura democratica, erano di essersi venduto al potere. I colleghi che stamattina sono a Palermo fino all’ altro ieri dicevano di diffidare di Giovanni. Gherardo Colombo, tu diffidavi di Falcone, perché sei andato ai funerali?

Per un momento, solo per un attimo, Giovanni Falcone stava quasi per salvarsi, inconsciamente, anche dal secondo attentato: l’uomo si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina, e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso del mezzo. Brusca, esecutore materiale della strage, rimane spiazzato, preme il pulsante in anticipo, sicché l’esplosione investe in pieno solo la Croma marrone ovvero la vettura che viaggiava davanti all’auto del Magistrato e della moglie, ma l’onda d’urto è forte e scaraventa il mezzo contro un muro, i corpi, senza cinture di sicurezza, sbattono violentemente contro il parabrezza e nella notte, entrambi, muoiono. Quasi Quasi ce la faceva a scamparla per la seconda volta ma si sa, quando si è soli, è più facile morire.

Valeria Panzeri