Il voto del Senato – Sul Senatore del Pdl pendeva una richiesta di arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta in cui è coinvolto insieme a Walter Lavitola.
Il Senato però ieri aveva negato la richiesta dei magistrati con 169 voti ottenuti con scrutinio segreto. Conti fatti e scoppia la polemica politica, in quanto i 169 voti ottenuti sono molti di più dei 129 del Pdl che aveva dichiarato il voto contrario alla richiesta d’arresto.
La bufera politica – Il voto di ieri rischia seriamente di minare i rapporti nel centrosinistra. Il leader dell’Italia Dei Valori non solo non accetta il voto di ieri, ma attacca direttamente il Pd: “Ieri, al Senato, è stato negato l’arresto di Sergio De Gregorio, un parlamentare accusato di reati gravissimi e noi abbiamo votato compatti a favore dell’arresto. Pertanto, l’invito che faccio ai cittadini e agli elettori è di non votare più per appartenenze ideologiche o di coalizione, ma scegliere tra persone perbene e delinquenti, valutando chi fa realmente gli interessi del Paese“.
Poi l’attacco al Pd: “Prima di partecipare a qualsiasi primaria l’Idv vuole sapere che programma porta avanti il Pd visto che negli ultimi tempi sta portando avanti proprio il programma del Pdl. L’alleanza se la facciano con loro“.
Contro il voto di ieri si scaglia anche il leghista Maroni che conferma il voto del Carroccio: “A favore dell’arresto di De Gregorio”.
Finocchiaro a difesa del Pd – La democratica Finocchiaro non ci sta, e risponde colpo su colpo alle accuse di Di Pietro: “Non c’è stato alcuno scambio e non c’è stato alcun voto bipartisan e trovo offensivo che qualcuno lo affermi, anche se pure oggi, e mi riferisco a Roberto Maroni, si cerca di avvalorare questa tesi per coprire i propri comportamenti”.
“Non solo non c’è stato alcuno scambio visto che i gruppi del Pd e dell’Italia dei Valori hanno votato in modo compatto, e i numeri lo dimostrano, a favore dell’arresto di De Gregorio, ma siamo indignati per quello che è successo ieri, soprattutto perché tutto è avvenuto con la copertura del voto segreto, che noi non volevamo, avendo chiesto formalmente in aula che il voto fosse palese“.
Matteo Oliviero