Agenzia delle Uscite, cos’è? Diciamo subito che, l’Agenzia delle Uscite, contrariamente a quanto potrebbe pensare qualcuno leggendone il nome, non è e non vuole essere un avversario dell’Agenzia delle Entrate, anzi , nelle intenzioni del presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti Claudio Siciliotti, dovrebbe essere forse il suo più fedele alleato, pur con compiti completamente diversi. Se la struttura che fa capo ad Attilio Befera ha il compito di riscuotere i tributi dovuti allo Stato, la creazione di un’Agenzia delle Uscite avrebbe di fatto l’onere di controllare come gli introiti provenienti dall’Erario vengono spesi dagli apparati statali. Un compito senza dubbio molto arduo, ma che appare necessario se è vero, come sostiene Enrico Zanetti, Direttore di Eutekne.info, l’organo d’informazione dei commercialisti, che il Governo non può più evitare di “eliminare l’evidente e insopportabile disequilibrio che oggi esiste tra contribuenti sudditi e Stato sovrano”.
Pochi giorni fa, per la prima volta, l’Agenzia delle Uscite è stata anche inserita in un Disegno di Legge. A farlo è stato il Senatore Maurizio Fistarol, del movimento Verso Nord. Il provvedimento dovrebbe essere depositato in Senato in questi giorni. L’Agenzia delle Uscite, per essere efficace, dovrebbe essere dotata degli stessi poteri amministrativi (e in caso, anche coercitivi) che l’Agenzia delle Entrate è in grado di esercitare sui cittadini. La Corte dei Conti, (la magistratura contabile), che ha in effetti il compito di controllare la spesa pubblica, ha a sua disposizione una struttura che è circa 10 volte inferiore a quella che può vantare l’Agenzia delle Entrate, per sedi e numero di dipendenti. Ed anche per quanto riguarda le disponibilità economiche esiste un divario abissale tra Corte dei Conti ed Agenzia delle Entrate.
“Per esempio, ma è solo uno dei tantissimi aspetti, un’Agenzia delle Uscite potrebbe controllare molto più facilmente la reale destinazione dei soldi stanziati dalle istituzioni per le consulenze”, spiega Amedeo Gherardi, Dottore Commercialista e consulente per Confcooperative. “La cifra dovuta all’esperto chiamato dall’istituzione di turno a svolgere un determinato lavoro, o un certa analisi su una precisa situazione, risponde ai valori di mercato?” Solo per consulenze e collaborazioni, lo Stato nel 2011 ha speso 689 milioni di euro . Si poteva risparmiare qualcosa? Uno dei molti compiti dell’Agenzia delle Uscite, dovesse andare in porto il Ddl sarebbe questo, ma il “mercato” dei conti pubblici da rivedere sembra essere 100 volte più grande: “La spesa pubblica improduttiva – spiega ancora Fistarol – gli sprechi e la corruzione costano circa 60 miliardi l’anno. Senza fare nulla per recuperare quella cifra, qualunque altro obiettivo sarà irraggiungibile”.
C’è poi il problema della crisi; il Senatore dice di voler mettere sul piatto un provvedimento che in ogni caso contemplerà “una struttura a costo zero per le casse dello Stato”, magari inserita nella Corte dei Conti, pur con una sua autonomia. Per dimostrare sostanzialmente che si può risparmiare di più, senza dover per forza spendere nel campo. Un’iniziativa lodevole, ma che appare più che altro obbligata dall’attuale condizione delle casse statali. E’,comunque, un ottimo inizio. Per il futuro è invece auspicabile una struttura paritaria a quella dell’Agenzia delle Entrate e ad essa alleata. E a chi chiede se non sia un paradosso che lo Stato aumenti la sua spesa per controllare quanto e come spende, la risposta, secondo Gherardi non può essere che una: “Sarà anche un paradosso, ma è necessario e comunque non è nient’altro che un investimento che lo Stato opera per migliorare sé stesso ed il suo funzionamento”.
Angelo Sanna