Fa il suo ingresso oggi, nell’Aula di Palazzo Madama, il discusso provvedimento orientato a “francesizzare” l’elezione del presidente della Repubblica italiana. Con cinque emendamenti (già illustrati alla stampa) e uno aggiunto ieri, il Pdl proverà oggi a forzare la mano sulla riforma del semipresidenzialismo, che prevede l’elezione diretta e a suffragio universale del capo dello Stato. Una “novità” che Udc, Pd e Idv hanno già bocciato sulla carta, ma che potrebbe compromettere le “trattative” sulla modifica della legge elettorale.
La rinuncia del Csm – La riforma costituzionale proposta dal partito del Cavaliere si è arricchita ieri di un sesto emendamento. La “rivoluzione” semipresidenzialista del Pdl prevede, infatti, che il nuovo inquilino del Colle – eletto direttamente dai cittadini a suffragio universale – debba, comunque, rinunciare a qualcosa e, più precisamente, alla guida del Csm (Consiglio superiore della magistratura). Il motivo va rintracciato in un “conflitto d’interessi” che comprometterebbe il sereno svolgimento delle funzioni del presidente, al quale verrebbe concesso di partecipare al Consiglio dei ministri.
No alla metodologia – Il testo, che approda oggi al Senato, promette di suscitare animate discussioni. Pd, Idv e Udc hanno già anticipato il loro no, stigmatizzando più che la sostanza del provvedimento la metodologia proposta dai pidiellini: “Non si può approvare un cambiamento così radicale della Costituzione a colpi di emendamenti in Aula”, ha sintetizzato il centrista, Pier Luigi Mantini. Una posizione condivisa dai democratici, che alla proposta del Pdl hanno risposto con la disponibilità a trattare della delicata questione in un arco di tempo più lungo, destinato a “sconfinare” nella prossima legislatura.
Il messaggio di Brunetta – A chiudere a questa opzione è stato però l’ex ministro Renato Brunetta, che in un’intervista rilasciata ieri al Mattino ha detto: “Il semipresidenzialismo è una grande occasione per l’Italia. D’altro canto che senso avrebbe fare una nuova legge elettorale senza cambiare la forma istituzionale?”. “Le due cose vanno di pari passo – ha insistito l’ex responsabile della Pa – sono le facce della stessa medaglia. Dare il disco verde ad una riforma e poi bloccare l’altra sarebbe demenziale”. Parole dietro le quali gli analisti più smaliziati hanno letto un perentorio ultimatum lanciato agli “avversari” del Pd: se sbarrate la strada al semipresidenzialismo, noi la sbarreremo alla legge elettorale con “doppio turno” alla francese.
Meglio un referendum – A decodificare il messaggio di Brunetta è stato Luciano Violante, responsabile Riforme del Pd: “Il presidenzialismo – ha detto – rischia di essere la tomba sia delle riforme costituzionali che della riforma elettorale”. Da qui la controproposta di indire un referendum: “Decida il popolo italiano – ha azzardato il democratico – Se partiamo subito, potremo aprire un grande dibattito nel paese sulla forma di governo e quindi, dopo le elezioni, fare un referendum. Così nessuno potrà dire che c’è stato un abuso, ma saranno i cittadini a decidere”.
Maria Saporito